Moise Shtar (Gian Paolo Rosmino) corteggia la bella Elsa Holbein (Lyda Borelli) ma i suoi fini non sono sinceri: l'obiettivo dell'uomo è mettere le mani sui piani di fortificazione del Granducato di Wallenstein, preservati dal padre di Elsa, il colonnello Julius (Vittorio Rossi Pianelli). Shtar riuscirà nel suo intento e il colonnello si ucciderà. Elsa cercherà di sopravvivere come può, fino a quando viene notata dal principe Massimiliano (Mario Bonnard) che immediatamente s'innamora di lei.

Campione d'incassi nel 1913, Ma l'amor mio non muore segna la nascita del melodramma italiano (definito anche da alcuni “cinema in frac”) che avrà grande successo negli anni seguenti. Qui ci sono già tutte le caratteristiche del filone: recitazione enfatica, scenografie e costumi curati, relazioni tormentate e un (immancabile) finale tragico. L'impianto del modello teatrale viene rivisitato e ripensato per il grande schermo: non c'è più spazio per un semplice “teatro filmato”. Lyda Borelli fu una delle più significative dive del cinema italiano del decennio: quella di Elsa Hollbein è, in assoluto, la sua interpretazione più celebre e importante.
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