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La carrozza d'oro
Le carrosse d'or
Durata
103
Formato
Regista
In un'imprecisata colonia spagnola nel Perù del XVIII secolo, giunge, per recitare la Commedia dell'Arte, un gruppo di saltimbanchi e attori di strada italiani. Tra questi Camilla (Anna Magnani), contesa da due pretendenti e dal Vicerè locale (Duncan Lamont), disposto a donarle come pegno d'amore una carrozza interamente d'oro.
Considerato da Francois Truffaut il più nobile film mai realizzato, La carrozza d'oro è una “fantasia italiana” in tre atti, ispirata al racconto Le Carrosse du Saint-Sacrement di Prosper Mérimée. È l'opera che inaugura l'ultimo segmento della carriera di Jean Renoir, con il suo ritorno in Europa dopo la parentesi in India. Come molti dei film che seguiranno, il tratto dominante di questa ultima fase della sua produzione è l'esplicita sovrapposizione di più livelli di rappresentazione, con uno spazio centrale riservato al teatro. In questa pellicola, imperfetta ma suggestiva, i confini tra realtà e finzione, ruolo e identità, cinema e teatro si confondono in un complesso meccanismo di incastri, che ancora una volta offrono a Renoir l'opportunità di riflettere sulle regole del gioco sociale. Girato in lingua inglese a Cinecittà, segna lo storico incontro tra Anna Magnani e il regista francese. Anche in un film di impianto così teatrale, molto lontano dai canoni del neorealismo, la Magnani offre un'interpretazione straordinaria nel ruolo di un'attrice consapevole che solo sul palco si può essere davvero liberi di non recitare una parte. Magnifico l'apparato figurativo, con sublimi contrasti cromatici e grande dispiego nella scenografia di broccati, velluti e tessuti pregiati. Essenziali per il tono e l'atmosfera del film sono le musiche di Antonio Vivaldi, che Renoir ha imparato a conoscere a Roma durante la scrittura della sceneggiatura.
Considerato da Francois Truffaut il più nobile film mai realizzato, La carrozza d'oro è una “fantasia italiana” in tre atti, ispirata al racconto Le Carrosse du Saint-Sacrement di Prosper Mérimée. È l'opera che inaugura l'ultimo segmento della carriera di Jean Renoir, con il suo ritorno in Europa dopo la parentesi in India. Come molti dei film che seguiranno, il tratto dominante di questa ultima fase della sua produzione è l'esplicita sovrapposizione di più livelli di rappresentazione, con uno spazio centrale riservato al teatro. In questa pellicola, imperfetta ma suggestiva, i confini tra realtà e finzione, ruolo e identità, cinema e teatro si confondono in un complesso meccanismo di incastri, che ancora una volta offrono a Renoir l'opportunità di riflettere sulle regole del gioco sociale. Girato in lingua inglese a Cinecittà, segna lo storico incontro tra Anna Magnani e il regista francese. Anche in un film di impianto così teatrale, molto lontano dai canoni del neorealismo, la Magnani offre un'interpretazione straordinaria nel ruolo di un'attrice consapevole che solo sul palco si può essere davvero liberi di non recitare una parte. Magnifico l'apparato figurativo, con sublimi contrasti cromatici e grande dispiego nella scenografia di broccati, velluti e tessuti pregiati. Essenziali per il tono e l'atmosfera del film sono le musiche di Antonio Vivaldi, che Renoir ha imparato a conoscere a Roma durante la scrittura della sceneggiatura.
