Ma Rainey's Black Bottom
Ma Rainey's Black Bottom
Premi Principali
Golden Globe al miglior attore in un film drammatico 2021
Durata
93
Formato
Regista
Chicago, 1927: gli animi si scaldano in uno studio musicale quando l'impavida e agguerrita cantante blues Ma Rainey (Viola Davis) raggiunge la band per una sessione di registrazione.
Adattamento teatrale dell’omonima opera di Augustin Wilson del 1984, Ma Rainey’s Black Bottom è un film che racconta la “mamma del blues” seguendo una chiave decisamente anticonvenzionale e interessante: proprio come fossimo su un palcoscenico, il film è ambientato quasi interamente in un paio di stanze all’interno dello studio di registrazione ed è un’opera che gioca quasi del tutto sulla parola. Ed è un bene, perché il copione riesce tra le pieghe di ragionamenti attorno alla composizione musicale, a parlare di differenze di genere, razzismo e altri importanti spunti sociologici dell’America di ieri e di oggi. Ed è anche un bene perché il regista George C. Wolfe – che in passato ha diretto lungometraggi a dir poco scadenti, come Qualcosa di buono – si dimostra comunque mediocre nella gestione artistica del film (la fotografia è troppo laccata e artificiosa), ma ha la fortuna di avere una sceneggiatura solidissima e un gruppo di attori in stato di grazia. Viola Davis è intensa e dolente in maniera magnifica, ma Chadwick Boseman le tiene testa con il ruolo forse più potente della sua carriera: purtroppo è stata anche la sua ultima apparizione, tanto che il film è arrivato direttamente su Netflix alcuni mesi dopo la sua morte prematura.
Adattamento teatrale dell’omonima opera di Augustin Wilson del 1984, Ma Rainey’s Black Bottom è un film che racconta la “mamma del blues” seguendo una chiave decisamente anticonvenzionale e interessante: proprio come fossimo su un palcoscenico, il film è ambientato quasi interamente in un paio di stanze all’interno dello studio di registrazione ed è un’opera che gioca quasi del tutto sulla parola. Ed è un bene, perché il copione riesce tra le pieghe di ragionamenti attorno alla composizione musicale, a parlare di differenze di genere, razzismo e altri importanti spunti sociologici dell’America di ieri e di oggi. Ed è anche un bene perché il regista George C. Wolfe – che in passato ha diretto lungometraggi a dir poco scadenti, come Qualcosa di buono – si dimostra comunque mediocre nella gestione artistica del film (la fotografia è troppo laccata e artificiosa), ma ha la fortuna di avere una sceneggiatura solidissima e un gruppo di attori in stato di grazia. Viola Davis è intensa e dolente in maniera magnifica, ma Chadwick Boseman le tiene testa con il ruolo forse più potente della sua carriera: purtroppo è stata anche la sua ultima apparizione, tanto che il film è arrivato direttamente su Netflix alcuni mesi dopo la sua morte prematura.