
Mississippi Burning – Le radici dell'odio
Mississippi Burning
Premi Principali
Orso d’Argento per il miglior attore al Festival di Berlino 1989
Durata
128
Formato
Regista
Contea di Jessup, Mississippi, 1964. Tre giovani attivisti per i diritti civili e una ragazzo di colore spariscono nel nulla. Sul posto arrivano due agenti dell'FBI, il giovane e ligio al dovere Ward (Willem Defoe) e l'anziano e originario del luogo Anderson (Gene Hackman), i quali non impiegano molto a capire che i quattro sono stati vittima di una violenta cellula del Ku Klux Klan formata da molti elementi in vista della zona. Le indagini saranno ostacolate dall'omertà e dal razzismo della comunità bianca.
Alan Parker parte da una storia vera per mettere in scena un thriller girato con maestria e di grande impatto, capace di restituire un'immagine fedele, e durissima, della vita (e della morte) negli stati del Sud segregazionista degli anni Sessanta. Sono gli anni dei Kennedy e di Martin Luther King, figure che restano sullo sfondo, mentre lo spettatore entra nella palude (reale e metaforica) di un mondo in cui le istanze umanitarie di miglioramento dei diritti della comunità afroamericana vengono ostacolate con ferocia. Il Klan era tutt'atro che archeologia o folklore in quegli anni e in quegli stati, e Mississippi Burning ne restituisce un'immagine sinistra e durissima. Notevole la fotografia di Peter Biziou, premiata con l'Oscar, che dipinge le fosche tinte di un Sud disperato e violento. Funziona anche la coppia di protagonisti, nella certo non nuova ma ben oliata dinamica tra il giovane e il veterano, tra nuova e vecchia scuola sotto l'ombrello dell'FBI; ma proprio l'Agenzia di J. Edgar Hoover, formata da zelanti “professorini”, è criticata nei metodi e non nei presupposti, e in un dramma per forza di cose manicheo, le sfumature e le ambiguità del governo centrale sulla questione razziale restano, forse colpevolmente, taciute. E si sente, inoltre, una certa ridondanza di troppo. Scritto da Chris Gerolmo, musiche di Trevor Jones.
Alan Parker parte da una storia vera per mettere in scena un thriller girato con maestria e di grande impatto, capace di restituire un'immagine fedele, e durissima, della vita (e della morte) negli stati del Sud segregazionista degli anni Sessanta. Sono gli anni dei Kennedy e di Martin Luther King, figure che restano sullo sfondo, mentre lo spettatore entra nella palude (reale e metaforica) di un mondo in cui le istanze umanitarie di miglioramento dei diritti della comunità afroamericana vengono ostacolate con ferocia. Il Klan era tutt'atro che archeologia o folklore in quegli anni e in quegli stati, e Mississippi Burning ne restituisce un'immagine sinistra e durissima. Notevole la fotografia di Peter Biziou, premiata con l'Oscar, che dipinge le fosche tinte di un Sud disperato e violento. Funziona anche la coppia di protagonisti, nella certo non nuova ma ben oliata dinamica tra il giovane e il veterano, tra nuova e vecchia scuola sotto l'ombrello dell'FBI; ma proprio l'Agenzia di J. Edgar Hoover, formata da zelanti “professorini”, è criticata nei metodi e non nei presupposti, e in un dramma per forza di cose manicheo, le sfumature e le ambiguità del governo centrale sulla questione razziale restano, forse colpevolmente, taciute. E si sente, inoltre, una certa ridondanza di troppo. Scritto da Chris Gerolmo, musiche di Trevor Jones.