Nilvona Vlasova (Vera Baranovskaya), vedova, ha un figlio, Pavel (Nikolai Batalov), che milita nei ranghi della rivoluzione. Per sbaglio lo mette nei guai e Pavel morirà tentando di evadere dalla prigione in cui era stato rinchiuso dopo che la madre, nel tentativo di metterlo al sicuro, aveva comunicato per sbaglio alle autorità l'esatta posizione delle sue armi

Tratto dall'omonimo romanzo di Gor'kij, il primo film di Pudovkin dà il “la” al realismo socialista sovietico con una storia emotivamente molto forte, assecondata da uno stile che unisce mirabilmente drammaticità e impegno civile. Film capostipite della cosiddetta trilogia della presa di coscienza, La madre è una perfetta sintesi delle idee formali del regista, che nel corso della sua carriera di teorico del cinema elaborò una concezione della settima arte tutta basata sulla centralità del montaggio, uno strumento che fosse in grado non solo di garantire autonomia artistica all'autore di una pellicola e al prodotto cinematografico, ma anche di veicolare il respiro epico del film attraverso una molteplicità di soluzioni formali. Tutte cose che il grandioso lungometraggio di Pudovkin riesce a fare in modo magistrale, delineando alla perfezione il contesto storico sovietico dell'epoca non solo attraverso lo spessore dell'impianto drammaturgico ma anche grazie alla forza dei personaggi e in particolar modo della donna protagonista: figura eccezionale e allo stesso umanissima di madre di famiglia, fragile ma dalla volontà di ferro e dallo spirito di sacrificio encomiabile, che incappa in un tragico e fatale errore ma si riscatta col gesto finale. È proprio nella conclusione, infatti, che Pudovkin convoglia il nucleo politico del film, facendo coesistere commozione e presa di posizione. Le immagini del regista non assecondano né la frenesia esasperata del montaggio alla Dziga Vertov né usano la macchina da presa per sposare le spinte egualitarie che il mezzo cinematografico era in grado di avallare per dar voce al popolo, ma donano a figure umili e sottomesse la dignità statuaria e non retorica di autentici eroi. Immagini di grande caratura pittorica, quasi espressioniste, uso avanzatissimo del montaggio parallelo, crescendo di tensione a dir poco impressionante: il realismo sovietico al suo apice, a un passo dalla perfezione.
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