L'adolescente Niki (Matilda Lutz) fugge, insieme alla sorellina di otto anni, dalla casa-famiglia a cui è stata affidata. Inizieranno un viaggio alla ricerca di quella libertà che non hanno mai avuto prima.

Timidissimo racconto di formazione, Mi chiamo Maya segna l'esordio di Tommaso Agnese sul grande schermo. Il neo-regista, in precedenza autore di documentari televisivi e cortometraggi, punta sulla caratterizzazione dei personaggi che le due protagoniste trovano lungo il percorso: dagli artisti di strada alle cubiste, passando per tante altre figure costrette a stare ai margini della società. L'intento poteva essere curioso, ma gli esiti sono banali e inconsistenti a causa di una sceneggiatura fragilissima e di una regia acerba. A un prodotto del genere sarebbe servita freschezza e spontaneità, mentre Agnese ha messo in scena una storia artefatta ed eccessivamente costruita a tavolino. Dimenticabile.
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