Comacchio. La procace Mina detta Bambola (Valeria Marini) si invaghisce follemente di Furio (Jorge Perugorría), detenuto violento e psicotico che inizia a perseguitarla una volta uscito di galera. Piegata e sottomessa, subirà ogni tipo di umiliazione prima di ribellarsi con l'aiuto del fratello Flavio (Stefano Dionisi).

Scempiaggine tra le più ridicole e oscene degli anni '90. Bigas Luna, anche sceneggiatore con Cesare Frugoni, cerca di costruire un film intorno a Valeria Marini, sex symbol televisivo all'epoca sulla cresta dell'onda, spingendo il pedale dell'erotismo, del nudo e dell'eccesso. Intenzioni fallite sotto ogni punto di vista: gli amplessi risultano demenziali (e della celebre anguilla, presunta protagonista di una copula scatenata che doveva fare la fortuna della pellicola, nessuna traccia), i nudi sono tutto fuorché sensuali (e mai integrali: giusto qualche scampolo qua e là) e le situazioni, più che grottesche, appaiono ridicole (lo scatenato Furio che erompe in urla belluine, molesta una capretta e spara a qualunque cosa sia in movimento). Interpretazioni talmente dilettantesche da strappare più di una risata: desolante la Marini, bocca semiaperta, occhio strizzato e accento caricaturale, ma il peggio è riservato da Stefano Dionisi nel ruolo del fratello gay. Anita Ekberg (!) è Greta, la madre di Bambola. Musiche di Lucio Dalla, con l'immancabile hit La bambola cantata da Patty Pravo.
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