Un avvocato di successo (Yannis Drakopoulos), che deve accudire la moglie in coma in seguito a un incidente stradale, è gratificato dalle numerose testimonianze di affetto da parte di tutti coloro che lo frequentano. Quando però inaspettatamente la moglie (Evi Saoulidou) esce dal coma e torna a casa, egli si trova del tutto spiazzato: cercherà a modo suo di riconquistare la compassione che gli è venuta a mancare.

Paradossale film greco in linea con gli umori acidi che la cinematografia ellenica ha prodotto negli ultimi anni, Miserere mette in scena la curiosa e raggelante vita di un uomo medio, con occhiali ispessiti e lo sguardo catatonico, che ha trasformato il compatimento altrui in una droga sottilissima e insidiosa: la vicina gli prepara ogni giorno una torta, alla lavanderia gli applicano una tariffa ridotta, tutti quanti intorno a lui si prodigano per farlo sentire meglio e alleviarne le sofferenze. Un lenitivo insostituibile il cui improvviso venir meno spingerà però la sua parabola esistenziale, e con essa tutto il film, verso l’abisso del grottesco più beffardo: un cortocircuito ben gestito, in partenza, da Babis Makridis, uno dei registi della nuova onda di cineasti greci che ha ovviamente in Yorgos Lanthimos il suo rappresentante più celebre e in vista. Con Lanthimos, Makridis ha in comune anche il legame con Efthimis Filippou, co-sceneggiatore di entrambi e al lavoro anche sullo script di Miserere. Un’opera seconda che nei primi due tre terzi accumula premesse raggelanti e d’impatto, ma che col passare dei minuti mostra progressivamente la corda, denudando tutta la fragilità programmatica e la pretestuosità asettica e ostentatamente anti-empatica dell’intera operazione. La scrittura regala non poche stoccate gelidissime e ispirate e la messa in scena denota un controllo invidiabile sulle proprie immagini, ma la freddezza generale suona qua e là come una facile scorciatoia misantropa, scivolando oltretutto in una risoluzione pasticciata, grossolana e non all’altezza. Presentato al Sundance e in concorso al Torino Film Festival nel 2018. 

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