Un mondo fragile
La tierra y la sombra
Durata
97
Formato
Regista
Alfonso (Haimer Leal), un contadino ormai anziano, fa ritorno nel suo paese a causa dell'agonia del figlio e si ritrova a fare i conti con una situazione tragicamente mutata. Intorno alla sua dimora, infatti, è proliferata una selva di piantagioni di canna da zucchero e il loro sfruttamento selvaggio sta generando conseguenze nefaste sull'ambiente, preso d'assalto da una coltre di cenere.
L'opera prima del regista Césare Augusto Acevedo ha tutti i crismi e le caratteristiche standard di molto cinema d'autore contemporaneo pensato in serie e con lo stampino a prescindere dalla provenienza geografica, un cinema rigoroso e dedito a un lavoro non indifferente sulla forza delle immagini ma anche eccessivamente rannicchiato su se stesso, sui propri tic e sui propri limiti. Più ermetico e respingente che imponente e fascinoso, Un mondo fragile, mette in scena una famiglia al collasso a causa di una tragedia, con sullo sfondo un paesaggio altrettanto vessato da un cancro che lo distrugge dall'interno. Le immagini di Acevedo sono statiche e, nelle intenzioni, ariose e traspiranti: dovrebbero accogliere al loro interno il respiro sofferente della natura per restituire le esistenze altrettanto ansimanti e faticose dei personaggi. Il film però è sfiatato e senza nerbo e riesce solo negli ultimi minuti a donare poesia e sofferenza reali ai suoi fotogrammi, amplificandone la compostezza ma anche una dinamicità interna altrove tragicamente assente. Tuttavia, purtroppo, è davvero troppo tardi per poter rimediare. Caméra d'or, francamente rivedibile, al Festival di Cannes 2015.
L'opera prima del regista Césare Augusto Acevedo ha tutti i crismi e le caratteristiche standard di molto cinema d'autore contemporaneo pensato in serie e con lo stampino a prescindere dalla provenienza geografica, un cinema rigoroso e dedito a un lavoro non indifferente sulla forza delle immagini ma anche eccessivamente rannicchiato su se stesso, sui propri tic e sui propri limiti. Più ermetico e respingente che imponente e fascinoso, Un mondo fragile, mette in scena una famiglia al collasso a causa di una tragedia, con sullo sfondo un paesaggio altrettanto vessato da un cancro che lo distrugge dall'interno. Le immagini di Acevedo sono statiche e, nelle intenzioni, ariose e traspiranti: dovrebbero accogliere al loro interno il respiro sofferente della natura per restituire le esistenze altrettanto ansimanti e faticose dei personaggi. Il film però è sfiatato e senza nerbo e riesce solo negli ultimi minuti a donare poesia e sofferenza reali ai suoi fotogrammi, amplificandone la compostezza ma anche una dinamicità interna altrove tragicamente assente. Tuttavia, purtroppo, è davvero troppo tardi per poter rimediare. Caméra d'or, francamente rivedibile, al Festival di Cannes 2015.