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The Mother
The Mother
Durata
112
Formato
Regista
La matura May (Anne Reid), oppressa da un matrimonio senza più slanci e da un difficile rapporto con i figli Bobby (Steven Mackintosh) e Paula (Cathryn Bradshaw), rimane improvvisamente vedova. Confusa e smarrita, cerca conforto in Darren (Daniel Craig), giovane e attraente amante di Paula, ma l'illusione di una nuova vita non durerà a lungo.
Disturbante dramma diretto da Roger Michell, che affronta la scomoda tematica della sessualità femminile vissuta in età avanzata. La sceneggiatura di Hanif Kureishi evita banali moralismi nel tratteggiare le derive di una solitudine tanto straziante quanto inevitabile («Diventeremo tutti così, un giorno. Con nessuno che ci vuole più»), stigmatizzando al tempo le meschinità e le ipocrisie tipiche della famiglia piccolo borghese. Un film scomodo e coraggioso, che non riesce però a mantenere le ottime premesse, perdendosi in facili simbolismi (May che cerca di esorcizzare la vecchiaia attraverso la bellezza eternizzante dell'arte) e in un'eccessiva stilizzazione narrativa (la staticità della macchina da presa come simbolo di immobilità emotiva), didascalica e opprimente. Ambizioni altissime, ma il risultato non convince del tutto: in ogni caso, alcuni momenti (le scene di sesso tra Craig e la Reid, entrambi ottimi) e un finale decisamente poco consolatorio colpiscono nel segno. Peter Vaughan è Toots; musiche di Jeremy Sams, fotografia di Alwin H. Küchler.
Disturbante dramma diretto da Roger Michell, che affronta la scomoda tematica della sessualità femminile vissuta in età avanzata. La sceneggiatura di Hanif Kureishi evita banali moralismi nel tratteggiare le derive di una solitudine tanto straziante quanto inevitabile («Diventeremo tutti così, un giorno. Con nessuno che ci vuole più»), stigmatizzando al tempo le meschinità e le ipocrisie tipiche della famiglia piccolo borghese. Un film scomodo e coraggioso, che non riesce però a mantenere le ottime premesse, perdendosi in facili simbolismi (May che cerca di esorcizzare la vecchiaia attraverso la bellezza eternizzante dell'arte) e in un'eccessiva stilizzazione narrativa (la staticità della macchina da presa come simbolo di immobilità emotiva), didascalica e opprimente. Ambizioni altissime, ma il risultato non convince del tutto: in ogni caso, alcuni momenti (le scene di sesso tra Craig e la Reid, entrambi ottimi) e un finale decisamente poco consolatorio colpiscono nel segno. Peter Vaughan è Toots; musiche di Jeremy Sams, fotografia di Alwin H. Küchler.
