Mowgli – Il figlio della giungla

Dopo che la tigre Shere Khan ha ucciso i suoi genitori, il piccolo Mowgli (Rohan Chand) resta orfano nella giungla e viene salvato da Bagheera, la pantera nera. Allevato da un branco di Lupi, una volta diventato ragazzo, Mowgli si troverà di fronte alle vere insidie della giungla, oltre alla sete di vendetta e di sangue di Shere Khan.



Progetto dalla lunghissima gestazione e dalle molteplici insidie per Andy Serkis, che porta sul piccolo schermo di Netflix una versione in motion capture originariamente pensata per il cinema. L’idea è di regalare al pubblico un adattamento più adulto e aderente al romanzo di Kipling, per poter dare un’alternativa al classico animato, magico e ricco di canzoni, firmato Disney. Il libro della giungla (2016) di Jon Favreau, tuttavia, ha probabilmente compromesso l’intera operazione: il film di Serkis, infatti, per quanto dark e parzialmente convincente nel suo tentativo di distaccarsi dal capolavoro animato, non regge il confronto con il film di due anni precedente, esteticamente impressionante. Infatti, è proprio l’aspetto visivo il punto debole dell’opera, oltre a una sceneggiatura che fatica a lasciare il segno, nonostante l’apprezzabile tentativo di rendersi “diverso” da quanto già conosciuto. Il coraggio non manca, ma non basta ad alzare troppo le sorti di un prodotto che funziona a fasi alterne. Peccato, perché Benedict Cumberbatch (Shere Khan), Christian Bale (Bagheera) e Cate Blanchet (Kaa) regalano interpretazioni vocali ottime, ma purtroppo gli occhi non vengono altrettanto appagati.