Long (Chang Chen), killer professionista, accetta un incarico in Giappone. Le cose, però, si mettono male e l’uomo sarà costretto a rifugiarsi nella periferia di una piccola città: qui incontra un bambino, figlio di una donna tossicodipendente, di cui inizierà a prendersi cura. Per Long potrebbe iniziare una nuova vita…



Parte piuttosto bene Mr. Long, film che si apre con una serie di sequenze concitate che mostrano come Sabu abbia un discreto stile. Il personaggio principale – un killer che parla pochissimo e che dimostra un sorprendente talento culinario – ha grande fascino e Chang Chen lo interpreta in maniera efficace. Oltre all’interpretazione e ad alcuni guizzi formali degni di nota, però, non c’è molto altro di rilevante da segnalare in questo lungometraggio che segue piste narrative piuttosto prevedibili e ricorda da vicino diversi altri film precedenti (giapponesi e non). Il percorso di redenzione di Mr. Long, infatti, è un po’ scontato e anche il rapporto con il piccolo Jun, seppur credibile e toccante, sa di già visto ed è piuttosto banale. Non mancano i momenti di buon cinema ma si perdono in una struttura narrativa ridondante e anche l’eccessiva durata non aiuta il coinvolgimento dello spettatore. Presentato in concorso al Festival di Berlino 2017.
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