
Peter Rabbit
Peter Rabbit
Durata
100
Formato
Regista
Peter Rabbit, insieme a suo cugino Benjamin e alle tre sorelle Flopsy, Mopsy e Cotton-Tail, vive in una tana che confina con l’orto del malefico e misantropo signor McGregor (Sam Neill), uomo anziano e goloso che tiene alla larga gli animali dal proprio orto con ogni sorta di stratagemma. Quando, a causa di un infarto, l’anziano McGregor passa a miglior vita, un suo erede che lavora da Harrods (Domhnall Gleeson) ne eredita la magione: la sua ostilità verso i conigli e i loro assalti all’orto non sarà da meno, peccato però che la vicina di casa della quale si innamora, la deliziosa pittrice Bea (Rose Byrne), li adori alla follia e viva in simbiosi con loro…
Il regista Will Gluck, a quattro anni di distanza da Annie - La felicità è contagiosa (2014), torna alla regia con l’adattamento di uno dei classici della letteratura anglosassone per l’infanzia, creato dalla scrittrice Beatrix Potter nel 1903. Gli attori in carne e ossa coesistono con l’animazione degli incorreggibili animali protagonisti, targata Sony Pictures Animation e Columbia, in un mix di ironia e avventura che tenta però a più riprese di sganciarsi da un mondo esclusivamente infantile per corredare il tutto di simpatia sboccata, doppi sensi ammiccanti e volgarotti e ritmo, si fa per dire, indiavolato, quando in realtà l’unico ad avere un diavolo per capello è l’insopportabile McGregor di Domhnall Gleeson. Pertanto l’operazione, più che del classico di riferimento, è debitrice di tanta tradizione anche recente di cinema d’animazione alle prese con umani rimbambiti e animaletti sguinzagliati, inarrestabili e dal vociare stridulo e fastidioso, sul modello di Alvin Superstar (2007). Nel complesso un mero prodotto di intrattenimento a cavallo tra solarità bambinesca e scorrettezza più adulta, solo saltuariamente godibile ma quasi mai davvero divertente: non si rimpiange certo Orwell, ma Babe – Maialino coraggioso (1995) almeno e di sicuro sì. Il garbo british, anche se più pepato, si pone nel solco di Paddington, anche se i film sul tenero orsetto hanno una finezza d’immaginario e una ricercatezza nella costruzione che Peter Rabbit si sogna.
Il regista Will Gluck, a quattro anni di distanza da Annie - La felicità è contagiosa (2014), torna alla regia con l’adattamento di uno dei classici della letteratura anglosassone per l’infanzia, creato dalla scrittrice Beatrix Potter nel 1903. Gli attori in carne e ossa coesistono con l’animazione degli incorreggibili animali protagonisti, targata Sony Pictures Animation e Columbia, in un mix di ironia e avventura che tenta però a più riprese di sganciarsi da un mondo esclusivamente infantile per corredare il tutto di simpatia sboccata, doppi sensi ammiccanti e volgarotti e ritmo, si fa per dire, indiavolato, quando in realtà l’unico ad avere un diavolo per capello è l’insopportabile McGregor di Domhnall Gleeson. Pertanto l’operazione, più che del classico di riferimento, è debitrice di tanta tradizione anche recente di cinema d’animazione alle prese con umani rimbambiti e animaletti sguinzagliati, inarrestabili e dal vociare stridulo e fastidioso, sul modello di Alvin Superstar (2007). Nel complesso un mero prodotto di intrattenimento a cavallo tra solarità bambinesca e scorrettezza più adulta, solo saltuariamente godibile ma quasi mai davvero divertente: non si rimpiange certo Orwell, ma Babe – Maialino coraggioso (1995) almeno e di sicuro sì. Il garbo british, anche se più pepato, si pone nel solco di Paddington, anche se i film sul tenero orsetto hanno una finezza d’immaginario e una ricercatezza nella costruzione che Peter Rabbit si sogna.