Colombo (Maurizio Nichetti), giovane neolaureato in ingegneria, non passa la selezione per essere assunto in una grande azienda, a causa del suo estro creativo. Inizia per lui una serie di surreali disavventure. Si ritrova a fare il violinista per una compagnia teatrale di cui fa parte anche la ragazza (Angela Finocchiaro) di cui è invaghito.

Esordio alla regia di Maurizio Nichetti, che fa proprio l'insegnamento ironico e leggero di Bruno Bozzetto, presso cui si è formato. Il lungometraggio è composto da episodi, collegati tra loro in modo piuttosto labile ma funzionale, dando l'impressione di assistere a una serie di proiezioni di corti alla Stanlio e Ollio o alla Charlot. Tra le sequenze più riuscite, c'è quella in cui Colombo attraversa, non senza difficoltà, una grigia Milano per portare un bicchiere d'acqua in una riunione tra manager. Pochi dialoghi, spesso parlati in una lingua incomprensibile, lasciano ampio spazio alla mimica, ai giochi con i suoni e alle gag dell'autore. Sono evidenti i richiami e gli omaggi al mondo dei grandi comici del passato, a partire da Charlie Chaplin, passando per il malinconico Buster Keaton, fino ad arrivare all'originalità di Jacques Tati. Realizzato con pochissimi mezzi, ma con molta inventiva, il lungometraggio è fresco e leggero, così da portare una ventata di aria nuova nel cinema italiano. Fin da subito, si percepisce lo sguardo comico, poetico e surreale, attento alla società, che contraddistinguerà quasi tutta la filmografia del regista.
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