Jo (Audrey Hepburn) è una bibliotecaria anti-mondana che viene scelta dalla direttrice di una rivista di moda (Kay Thompson) e dal fotografo Dick Avery (Fred Astaire) per incarnare il modello da seguire per tutte le lettrici americane. La ragazza viene spedita a Parigi, dove incontra un guru della filosofia (Michel Auclair): qui capirà anche di essere innamorata di Dick.

Se non fosse per il trio Hepburn-Astaire-Thompson (che in realtà non era nemmeno un'attrice, ma una compositrice e direttrice d'orchestra), quest'aggraziata fiaba musicale – firmata da uno Stanley Donen troppo attento allo zucchero – avrebbe davvero poco da dire. L'opera, che si ispira all'omonimo musical firmato dai fratelli Gershwin nel 1927 e a Wedding Bells di Leonard Gershe, affastella sì numeri musicali riusciti (Bonjour, Paris!) e momenti coinvolgenti, ma in fondo si attesta per quel che è: una discreta commedia, un quadernino gradevole, ma di scarno spessore, sui sogni, le mode, i sentimenti e… Parigi. Audrey Hepburn, vestita Givenchy, è irresistibile: è sua la funny face del titolo originale, suoi i meriti che salvano l'operazione dall'oceano di stereotipi in cui annaspa. Astaire, dal canto suo, è un buon co-protagonista e riprende il ruolo che aveva già interpretato a Broadway. Quattro candidature all'Oscar: costumi (di Edith Head e Hubert de Givenchy), fotografia (Ray June), sceneggiatura (Leonard Gershe) e scenografie (a cura di Hal Pereira, George W. Davis, Sam Comer, Ray Moyer).
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