Jeanne du Barry – La favorita del re

Jeanne du Barry

Durata

113

Formato

Regista

Jeanne Vaubernier (Maïwenn), nata nel 1743 da una famiglia molto umile, ha sempre avuto una forte predilezione per la cultura e, grazie al suo fascino, è riuscita a salire i gradini della scala sociale, arrivando addirittura alla corte di re Luigi XV (Johnny Depp). La passionale storia d'amore tra i due porterà il sovrano a infrangere le regole del decoro e dell'etichetta, permettendo a Jeanne di trasferirsi a Versailles e vivere sotto il suo stesso tetto. 

La storia di Madame du Barry è stata già portata al cinema diverse volte, a partire dai tempi del muto in cui anche un grande regista come Ernst Lubitsch aveva scelto di raccontarla, nel 1919 con protagonista Pola Negri, per arrivare alla contemporaneità con la sua presenza in Marie Antoinette di Sofia Coppola, in cui a vestirne i panni è stata chiamata Asia Argento. La vicenda è così ampiamente nota, anche in termini di rappresentazioni sul grande schermo, e Maïwenn rimane fedele al lato biografico della vicenda, spingendo decisamente sulla tragicità melodrammatica della relazione tra il personaggio e il re Luigi XV. Si vede che la regista transalpina tenga molto a questo film e a raccontare quel personaggio, ma si limita a svolgere un compitino troppo semplice per poter coinvolgere ed emozionare come avrebbe voluto. Le immagini hanno una certa eleganza (il richiamo all’irraggiungibile Barry Lyndon di Stanley Kubrick è presente nell’uso delle candele per illuminare moltissime scene) e la relazione tormentata tra i due protagonisti ha momenti riusciti, ma complessivamente è un’operazione che rimane del tutto sulla superficie e non riesce a fare alcun possibile collegamento col presente o ragionamenti sul lato effettivamente politico dell’intera vicenda. Johnny Depp, che torna sul grande schermo dopo il processo contro l’ex moglie Amber Heard (seguitissimo a livello mediatico), è in parte e dimostra una buona armonia con la sua partner recitativa, ma non basta ad alzare troppo le sorti di un lungometraggio privo di guizzi e a cui manca totalmente il necessario coraggio per poter dare vita a un’opera realmente interessante. Non ci sono gravi pecche e non ci sono certamente elementi che risaltano: il risultato è un prodotto mediocre, senza infamia e senza lode, che rischia pochissimo e ottiene davvero il minimo sindacale. Scelto come apertura del Festival di Cannes 2023.
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