Al tempo dell'imperatore Diocleziano, il soldato romano Sebastiano (Leonardo Treviglio) viene tacciato di intrattenere legami con i cristiani ed esiliato in un'isola di soli uomini, che praticano l'amore omosessuale non avendo altro a disposizione intorno a loro. Un uomo di potere, il comandante Severo (Barney James), spasima per Sebastiano, che però si sottrae alle sue lusinghe e per questo viene torturato.



Una rilettura queer dell'antica Roma all'insegna di tante provocazioni e di una marcata propensione verso la messa in scena deliberata della nudità. Il soggetto del film è in teoria tutt'altro che campato in aria e si rifà a una variante non ufficiale della biografia di San Sebastiano, adattata con spirito altrettanto apocrifo, underground e sfacciato: il risultato è un'opera squilibrata ma tutt'altro che grezza, che trova una non trascurabile raffinatezza nella rappresentazione della bellezza scultorea del corpo maschile. L'iconografia del regista, un Derek Jarman agli esordi già scenografo de I diavoli (1971) di Ken Russell, è però scandalosa solo in superficie (i nudi integrali maschili all'epoca non erano certo all'ordine del giorno) e quasi mai riesce ad allontanare da se stessa il sentore della pretestuosità. La poesia che pervade molte sequenze tende spesso solo all'enfasi o a un "pasolinismo" derivativo, votato più all'ammiccamento che a scuotere autenticamente lo spettatore. Recitato interamente in latino. Musiche di Brian Eno. Rifiutato dal Festival di Cannes.
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