Splice
Splice
Durata
104
Formato
Regista
Elsa (Sarah Polley) e Clive (Adrien Brody) sono due geniali scienziati, sentimentalmente legati, che studiano la manipolazione del patrimonio genetico per creare nuove specie in laboratorio. Unendo Dna umano e animale, danno vita a uno strano essere femminile ibrido che chiamano Dren (Delphine Chanéac) e che ben presto sfuggirà al controllo dei suoi creatori.
Inquietante apologo sci-fi sui pericoli della genetica incontrollata, co-prodotto da Guillermo Del Toro, Splice (che in inglese significa letteralmente “congiungere”) parte con ambizioni debordanti, sollevando importanti interrogativi scientifici e morali e rielaborando il mito di Frankenstein alla luce delle moderne tentazioni sulla clonazione. Se certamente colpisce dal punto di vista visivo in virtù di effetti speciali e make up impressionanti, il film mette davvero troppa carne al fuoco (dal discorso sulla maternità negata/surrogata di Elsa alla componente sessuale) e indulge in un irritante voyeurismo horror. Pellicola che ha parecchi debiti con Specie mortale (1995) di Roger Donaldson, se fosse stata affidata al miglior David Cronenberg sarebbe probabilmente diventata un gioiellino. Nelle mani del mestierante Vincenzo Natali (lanciato nel 1997 da Cube – Il cubo, a suo modo un cult), che pure ha lavorato per dieci anni al progetto, le suggestioni psicanalitiche ed erotiche finiscono con lo scadere nel trash. Un’occasione sprecata, con finale discutibile.
Inquietante apologo sci-fi sui pericoli della genetica incontrollata, co-prodotto da Guillermo Del Toro, Splice (che in inglese significa letteralmente “congiungere”) parte con ambizioni debordanti, sollevando importanti interrogativi scientifici e morali e rielaborando il mito di Frankenstein alla luce delle moderne tentazioni sulla clonazione. Se certamente colpisce dal punto di vista visivo in virtù di effetti speciali e make up impressionanti, il film mette davvero troppa carne al fuoco (dal discorso sulla maternità negata/surrogata di Elsa alla componente sessuale) e indulge in un irritante voyeurismo horror. Pellicola che ha parecchi debiti con Specie mortale (1995) di Roger Donaldson, se fosse stata affidata al miglior David Cronenberg sarebbe probabilmente diventata un gioiellino. Nelle mani del mestierante Vincenzo Natali (lanciato nel 1997 da Cube – Il cubo, a suo modo un cult), che pure ha lavorato per dieci anni al progetto, le suggestioni psicanalitiche ed erotiche finiscono con lo scadere nel trash. Un’occasione sprecata, con finale discutibile.