Un borghese di mezz'età (Eugen Klöpfer) è attirato dalla “strada” e dai divertimenti che questa può offrire. Fugge dalla sua casa elegante e dalla moglie per andare con una prostituta. Lo spasso, però, finisce presto e l'uomo viene persino accusato di un omicidio.

È il film che aprì la porta al filone della Nuova Oggettività, movimento del cinema muto tedesco che vedrà in Georg Wilhelm Pabst (Lulù – Il vaso di Pandora del 1929) il suo massimo interprete. Le caratteristiche del genere sono tutte insite in questa pellicola: l'ambiente dei bassifondi affascina persone delle classi più agiate; tra i personaggi di riferimento ci sono prostitute e protettori; importante il gioco delle luci e delle ombre che amplifica la forza espressiva della narrazione. Karl Grune, al suo unico lungometraggio davvero importante, dà vita a un film-battistrada, forte e coraggioso dal punto di vista drammaturgico, angoscioso ed esteticamente suggestivo dal punto di vista artistico. Sulla strada si muovono figure minacciose, che sembrano non abbandonare il protagonista neanche dopo il suo (felice?) ritorno a casa. Un'opera imprescindibile per capire il cinema tedesco degli anni Venti.
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