Tangerine
Tangerine
Durata
88
Formato
Regista
Vigilia di Natale a Tinseltown, denominazione dispregiativa per Hollywood (“tinsel” sta per “falso”, “artefatto”, “pieno di lustrini”). La transessuale di colore Sin-Dee (Kitana Kiki Rodriguez) scopre di essere stata tradita dal partner. Insieme alla sua migliore amica Alexandra (Mya Taylor), cerca di venire a capo della cosa, tra irruenza e trivialità.
Un’odissea suburbana folle e delirante, piena di momenti acidi e degli echi profondi della sottocultura di Los Angeles. Girato interamente a Hollywood con il solo ricorso a uno smartphone iPhone 5s, con delle incursioni a West Hollywood e a Santa Monica Boulevard, il film di Sean Baker è sorprendente e vitale, un’operazione ribollente di trovate e animata da un sano spirito caotico, che non rinuncia ad accumulare toni sopra le righe, parentesi demenziali e salaci battibecchi. A tenere insieme il tutto un’anarchia feroce e dai colori sgargianti, che il più delle volte riesce a tramutare i toni indispettiti in una vera e propria cifra stilistica con singolare padronanza. Un travestito appena uscito dal carcere e il suo pappone che lo tradisce, ma anche dei tassisti con la passione per i trans, che lasciano la famiglia a casa la vigilia di Natale (notte in cui il film ambientato) pur di scorrazzare alla ricerca di un’evasione erotica alla larga da moglie, figli e suocera petulante: mescolando soap opera e film sperimentale, road movie e presa diretta, digressioni lisergiche e sbandamenti comici, Sean Baker confeziona un film irriverente, gioiosamente corrosivo e cattivissimo, mai compassionevole e solo a tratti (verso il finale) leggermente incerto nello svolgimento narrativo. La giostra ogni tanto gira un po’ a vuoto, ma le suggestioni sono numerose e anche l’originalità formale colpisce nel segno. Presentato al Sundance Film Festival e passato, in Italia, al Torino Film Festival.
Un’odissea suburbana folle e delirante, piena di momenti acidi e degli echi profondi della sottocultura di Los Angeles. Girato interamente a Hollywood con il solo ricorso a uno smartphone iPhone 5s, con delle incursioni a West Hollywood e a Santa Monica Boulevard, il film di Sean Baker è sorprendente e vitale, un’operazione ribollente di trovate e animata da un sano spirito caotico, che non rinuncia ad accumulare toni sopra le righe, parentesi demenziali e salaci battibecchi. A tenere insieme il tutto un’anarchia feroce e dai colori sgargianti, che il più delle volte riesce a tramutare i toni indispettiti in una vera e propria cifra stilistica con singolare padronanza. Un travestito appena uscito dal carcere e il suo pappone che lo tradisce, ma anche dei tassisti con la passione per i trans, che lasciano la famiglia a casa la vigilia di Natale (notte in cui il film ambientato) pur di scorrazzare alla ricerca di un’evasione erotica alla larga da moglie, figli e suocera petulante: mescolando soap opera e film sperimentale, road movie e presa diretta, digressioni lisergiche e sbandamenti comici, Sean Baker confeziona un film irriverente, gioiosamente corrosivo e cattivissimo, mai compassionevole e solo a tratti (verso il finale) leggermente incerto nello svolgimento narrativo. La giostra ogni tanto gira un po’ a vuoto, ma le suggestioni sono numerose e anche l’originalità formale colpisce nel segno. Presentato al Sundance Film Festival e passato, in Italia, al Torino Film Festival.