Fino alla fine del mondo

Una donna alla ricerca di se stessa e un uomo in fuga da qualcuno si incontrano in un viaggio che li conduce in Australia, mentre un satellite impazzito minaccia di cancellare l'umanità dal pianeta Terra.

Definito da Wenders un “road movie dell'anima”, è tra i progetti più ambiziosi della sua carriera. Come un lungo viaggio non è esente da momenti di stanchezza, ma ha qualità tali da rendere l'esperienza complessivamente affascinante. Confuso e affastellato nella prima parte, vertiginoso caleidoscopio di location internazionali, si stabilizza e trova una sua coerenza (soltanto) nella seconda parte girata in Australia. Ed è qui che emerge per intero la portata teorica del film, in forma di riflessione sull'atto della visione e sul potere taumaturgico della scrittura. Non è un caso che per le due figure genitoriali, essenziali nella dinamica del racconto, Wenders abbia scelto due attori come Max Von Sydow e Jeanne Moreau, incarnazioni viventi del cinema stesso. Menzione imprescindibile per la colonna sonora, che raduna i nomi più importanti della scena rock internazionale di fine millennio, dagli U2 ai R.E.M, da Lou Reed ai Talking Heads e ai Depeche Mode. Ne esistono tre diverse versioni di montaggio, rispettivamente della durata di 150, 179 e 280 minuti. L'ultima, divisa in tre parti da 90 minuti circa ciascuna, è sicuramente quella da preferire, a patto che se ne accetti il fluire disomogeneo e torrenziale.