Tensione superficiale
Tensione superficiale
Durata
90
Formato
Regista
Michela (Cristiana Dell’Anna) è una giovane madre italiana che lavora senza un regolare contratto in un hotel su lago di Resia, al confine con l’Austria. Decide quindi di iniziare a lavorare part-time in una casa di tolleranza nella vicina nazione, nella quale la prostituzione è legale e regolamentata.
Partendo da un soggetto molto interessante, Giovanni Aloi dirige il suo prima film di finzione, un racconto femminile girato a cavallo tra Italia e Austria. È proprio il confine ha delimitare la doppia vita di Michela, segno evidente della sua necessità di trasformarsi in un qualcosa che, a causa di una società glaciale e morbosa, non li è concesso di essere. Nonostante inizi a prostituirsi esclusivamente a causa di problemi economici, pian piano incomincia ad appropriarsi della maschera che indossa, acquistando una sicurezza nei suoi mezzi la quale sarà fondamentale per migliorare la sua vita “italiana”, sia quella sociale che, soprattutto, quella privata. Sfortunatamente, la brillante idea originaria si impantana nella neve e nei silenzi. Il regista sembra sempre scegliere la via più affascinante a livello visivo, sottovalutando la coerenza interna di un’opera talvolta eccessivamente minimalista, e altre esasperatamente esplicita. In questa maniera lo spettatore perde la via da seguire e arriva al finale senza riferimenti e confuso. Se la descrizione della piccola comunità, costrittiva e falsamente gentile risulta efficace, lo stesso non si può dire del racconto familiare, gestito in maniera ondivaga e raffazzonata fino ad arrivare ad un epilogo che, a causa dell’aspirazione di esprimere il significato dell’intera pellicola, si dimostra squilibrato, fuori luogo e, per certi versi, incomprensibile.
Partendo da un soggetto molto interessante, Giovanni Aloi dirige il suo prima film di finzione, un racconto femminile girato a cavallo tra Italia e Austria. È proprio il confine ha delimitare la doppia vita di Michela, segno evidente della sua necessità di trasformarsi in un qualcosa che, a causa di una società glaciale e morbosa, non li è concesso di essere. Nonostante inizi a prostituirsi esclusivamente a causa di problemi economici, pian piano incomincia ad appropriarsi della maschera che indossa, acquistando una sicurezza nei suoi mezzi la quale sarà fondamentale per migliorare la sua vita “italiana”, sia quella sociale che, soprattutto, quella privata. Sfortunatamente, la brillante idea originaria si impantana nella neve e nei silenzi. Il regista sembra sempre scegliere la via più affascinante a livello visivo, sottovalutando la coerenza interna di un’opera talvolta eccessivamente minimalista, e altre esasperatamente esplicita. In questa maniera lo spettatore perde la via da seguire e arriva al finale senza riferimenti e confuso. Se la descrizione della piccola comunità, costrittiva e falsamente gentile risulta efficace, lo stesso non si può dire del racconto familiare, gestito in maniera ondivaga e raffazzonata fino ad arrivare ad un epilogo che, a causa dell’aspirazione di esprimere il significato dell’intera pellicola, si dimostra squilibrato, fuori luogo e, per certi versi, incomprensibile.