Tutto l’amore che serve
Mon inséparable
Durata
95
Formato
Regista
Mona Ortiz (Laure Calamy) è una madre single, con un carattere forte, che per gran parte della sua vita si è dedicata al figlio Joel (Charles Peccia Galletto), ormai uomo ma affetto da sempre da una disabilità cognitiva. Quando un giorno confessa alla madre di essere innamorato della sua collega Océane (Julie Froger) – anche lei con disabilità – e che la ragazza è rimasta incinta, Mona non sa come reagire: non sapeva nulla della relazione, coltivata con innocenza ma anche determinazione, e la gravidanza la pone di fronte a una responsabilità che non è sicura di volersi assumere in questo momento della sua vita, in attesa della pensione e di una tranquillità mai davvero raggiunta, schiacciata da anni di cure e rinunce.
Opera prima di Anne Sophie Bailly, Tutto l’amore che serve (più interessante il titolo originale francese Mon inséparable) è un lungometraggio che si concentra sul rapporto viscerale e anche morboso che può esserci tra una madre e un figlio, soprattutto in un contesto delicato come quello che vivono i protagonisti. È indubbio che il film ruoti moltissimo attorno all’ottima prova di Laure Calamy, che riesce – attraverso a mimica facciale, gestualità e intonazione – a trasmettere, da un lato, l’esasperazione esistenziale e la continua rinuncia a gioie personali pur di dedicarsi e mettersi al servizio di una persona che ama ma affetta da grandi difficoltà. Dall’altro lato le riescono perfettamente anche i momenti buffi, divertenti e inevitabilmente commoventi tra madre e figlio, caratteristici di un film che gioca bene in alcuni momenti anche col registro della commedia. Tuttavia vi sono dinamiche e vicende in cui Bailly si addentra in maniera superficiale e fin troppo rapida, a cominciare dalla relazione tra padre e figlio, rapporto che si spiega in una sequenza decisamente breve, evitando di scavare gli aspetti psicologici, i timori e i motivi di allontanamento della figura paterna. Il risultato è un prodotto piacevole e dotato di buona sensibilità, ma che avrebbe potuto osare sicuramente di più: la messinscena è efficace e non cade nelle trappole della retorica, ma mancano anche grandi guizzi degni di nota. Presentato alla Mostra di Venezia 2024.