Primi dell'Ottocento. Il reverendo Hale (Max von Sydow) parte dal New England con la giovane moglie Jerusha (Julie Andrews) per fondare una missione nell'isola di Maui, nelle Hawaii scoperte dai navigatori bianchi. La sua rigidissima morale protestante si scontrerà con la civiltà quasi incontaminata degli abitanti dell'isola.

Dramma religioso sulla colonizzazione diretto da George Roy Hill, su sceneggiatura di Donald Trumbo e Daniel Taradash. Inevitabilmente datato, il film si colloca in un decennio (gli anni Sessanta) in cui lo stesso cinema americano iniziava a ripensare criticamente il ruolo dell'uomo bianco nell'incontro con la diversità culturale. Decisamente agonizzante e prolissa, la pellicola è completamente (e fastidiosamente) incentrata su von Sydow: impermeabile all'umorismo e alla comprensione dell'altro, il suo personaggio impara lentamente e può finire con l'urtare la sensibilità laica contemporanea, pur raggiungendo infine (non senza retorica) una consapevolezza del proprio ruolo in una Storia irrevocabilmente votata alla modernità. Unica nota di merito, il non risparmiarsi nel dipingere i mali portati dagli occidentali in un Eden incontaminato e autosufficiente, dagli stupri alle epidemie, con un riflesso del genocidio, non solo culturale, derivante dal cristianesimo. Indigesta e agiografica la prova di Julie Andrews. Gene Hackman è il dottor John Whipple; musiche di Elmer Bernstein.
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