Martin (Walter Quiroz), un diciassettenne argentino, scappa dalla sua città per andare alla ricerca del padre, un dissidente politico che aveva abbandonato la famiglia anni prima per fuggire in Bolivia.

Curiosa commistione di satira politica e coming of age, Il viaggio non ha paura di sferrare graffianti attacchi al suo Paese, che viene descritto come debole, corrotto e, letteralmente, sommerso dagli escrementi (una grottesca sequenza che vede gli abitanti galleggiare nei liquami in seguito a un'inondazione). La classe politica odierna, inchinata davanti alle potenze economiche occidentali e pronta a favorirne gli interessi economici, non è che una rivisitazione della dittatura e a rimetterci sono sempre i cittadini, vessati e sempre più sprofondati, incapaci di difendersi. Gli occhi innocenti di Martin prendono coscienza durante il viaggio non solo delle pessime condizioni del proprio Paese ma, più in generale, della situazione sudamericana e, mentre il ragazzo cerca di raggiungere quello che in fondo è un ideale paterno, scopre poco a poco la propria identità: forse non tutto è dosato al punto giusto e la durata di oltre due ore pesa, ma nel complesso si tratta di un'opera curiosa e impietosa nel denunciare le debolezze di un Paese in ginocchio. Un po' ridondante, ma ugualmente potente e capace di far riflettere a fondo. Musiche di Egberto Gismonti e Astor Piazzolla. Menzione speciale della giuria ecumenica e Grand Prix tecnico al Fesival di Cannes.
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