Ad Astra
Ad Astra
2019
Paesi
Usa, Brasile, Cina
Genere
Fantascienza
Durata
124 min.
Formato
Colore
Regista
James Gray
Attori
Brad Pitt
Tommy Lee Jones
Ruth Negga
Liv Tyler
Donald Sutherland

Roy Mc Bride (Brad Pitt), astronauta schivo e solitario, riceve l’incarico dalla NASA di andare a recuperare il padre Clifford McBride (Tommy Lee Jones), pioniere delle spedizioni spaziali di cui si sono perse le tracce da più di vent’anni. La missione costringe Roy a spingersi verso i confini del Sistema Solare conosciuto, in una impresa che diventa un viaggio esistenziale in cui emergono verità inaspettate.

Dopo aver affrontato la sfida dell’uomo nei confronti della Natura selvaggia con Civiltà perduta (2016), avventura d’altri tempi ambientata agli inizi del Novecento, James Gray si spinge nel futuro prossimo venturo affrontando di petto la fantascienza e scegliendo ancora una volta come protagonista un uomo costretto a fare i conti con i propri dubbi e le proprie ossessioni emotive. Il risultato è un’opera dal respiro classico che, con ritmo disteso e spesso contemplativo, si nutre dei codici della sci-fi più matura per mettere in scena un racconto profondamente intimo che guarda allo spazio come a un non-luogo al di fuori della realtà percepita, tanto affascinante quanto oscuro nella sua maestosa e intimidatoria grandezza. Il presente di Roy si lega a doppia mandata a un passato con cui confrontarsi di continuo, in un gioco di rinascita e riscatto che vede la figura del padre come un elemento centrale della storia. Gray, anche co-sceneggiatore insieme a Ethan Gross, carica la vicenda di un pathos talmente pronunciato da risultare a volte ridondante (anche per via di un generoso uso della voice over che esplicita i sentimenti del protagonista), attingendo a piene mani a una genuina retorica che immerge completamente lo spettatore nella narrazione. Un film tutto di cuore, orgogliosamente fuori dal tempo per atmosfera e approccio di scrittura, in grado di far riflettere sull’importanza degli affetti, sull’imperscrutabile fascinazione per l’ignoto, sul senso di conquista individuale, sui legami di sangue e sulla memoria. Qua e là, le buone intenzioni sono compromesse da scelte abbastanza discutibili che rischiano di apparire goffe, soprattutto verso il finale, ma la volontà di scavare negli istinti primordiali dell’uomo (la presenza fugace delle scimmie è molto significativa in questo senso), colpisce nel segno. Il sottotesto filosofico rischia di essere a tratti un po’ spicciolo, ma l’atmosfera generale regge su tutta la linea. Splendida fotografia in pellicola 35mm di Hoyte van Hoytema ed efficaci musiche di Max Richter. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.

Maximal Interjector
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