Johnny (Joaquin Phoenix) è un produttore radiofonico che gira di città in città intervistando i bambini sulle loro speranze e i loro sogni. Un giorno viene chiamato dalla sorella Viv (Gaby Hoffmann), che non sentiva da tempo, per aiutarla con suo figlio Jesse (Woody Norman) di nove anni mentre lei deve prendersi cura del marito affetto da disturbo bipolare. Non abituato a gestire bambini, Johnny decide di portare il nipote in viaggio con sé per lavoro, da New York alle periferie degli stati del sud.

Giunto al suo quarto lungometraggio, e forte del successo (con tanto di nomination agli Oscar) per il precedente Le donne della mia vita (2016), Mike Mills torna dietro la macchina da presa per raccontare ancora una volta una storia di vuoti e di assenze, tra malattie da superare, genitori lontani o irresponsabili, bambini troppo maturi e adulti ancora infantili. Le qualità e il tocco dell'autore statunitense si riscontrano da subito, in un copione tutto sommato centrato ed equilibrato nonostante le grandi trappole che è tenuto a evitare lungo la via. L'alchimia in scena tra gli attori, soprattutto tra un Joaquin Phoenix finalmente libero da eccessi interpretativi e il giovanissimo Woody Norman, è palpabile e restituisce al film un vero valore aggiunto. Certo è che Mills non si risparmia nel ricercare continuamente una precisa patina indie tanto cara al cinema più contemporaneo: tra un bianco e nero tanto delicato quanto figlio dei filtri Instagram, una colonna sonora minimalista e gli scorci di una New York più hipster che mai, C'mon C'mon potrebbe risultare sgradevole ai palati meno delicati, o quanto meno decisamente posticcio e preconfezionato. In effetti non è sicuramente la novità uno dei pregi della pellicola, eppure non capita spesso di imbattersi in un progetto al tempo stesso stesso così semplice e riuscito, onesto nella sua dimensione più umana e indovinato (anche se un po' furbetto) in quella stilistica.