No Man's Land
No Man's Land
Anno
Generi
Durata
98
Formato
Regista
Due soldati, uno serbo (Rene Bitorajac) e uno bosniaco (Branko Djuric), si ritrovano in una trincea nella terra di nessuno, mandando in confusione l'O.N.U. e i propri schieramenti. A peggiorare la situazione, un militare sdraiato su una mina antiuomo.
Esordio con successo internazionale per il bosniaco Danis Tanovic: ambientato durante il confitto dei Balcani, è un amara riflessione sull'assurdità della guerra, sottolineata dall'abile utilizzo, almeno nella prima parte, di un umorismo nonsense e paradossale. Lo straniamento causato dai dialoghi (su tutti, quello in cui i due soldati si rinfacciano le colpe della guerra) permette di cogliere varie tematiche, come l'inevitabile perdita dell'umanità e l'impossibilità delle due parti di comprendersi e capirsi. L'ironia non risparmia gli enti preposti alla pacificazione – l'O.N.U. non ne esce bene, e chiara traspare l'opinione dell'autore a riguardo – né i media, visti come sciacalli pronti a saltare sulla preda. Interessante è anche la riflessione sulle buone azioni, che, nel contesto devastante e illogico del conflitto, rischiano di diventare controproducenti e pericolose tanto quanto il loro opposto (il coraggio del sergente dei caschi blu, così come gli sporadici atti d'altruismo tra i due soldati). Assolutamente riuscito il mix tra umorismo e tragicità, anche se la parte finale, inevitabilmente più retorica e convenzionale, perde qualche colpo, e una certa piattezza stilistica complessiva impedisce all'opera di spiccare davvero il volo. Incetta di riconoscimenti: dal premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes all'Oscar per il miglior film straniero, passando per il Golden Globe.
Esordio con successo internazionale per il bosniaco Danis Tanovic: ambientato durante il confitto dei Balcani, è un amara riflessione sull'assurdità della guerra, sottolineata dall'abile utilizzo, almeno nella prima parte, di un umorismo nonsense e paradossale. Lo straniamento causato dai dialoghi (su tutti, quello in cui i due soldati si rinfacciano le colpe della guerra) permette di cogliere varie tematiche, come l'inevitabile perdita dell'umanità e l'impossibilità delle due parti di comprendersi e capirsi. L'ironia non risparmia gli enti preposti alla pacificazione – l'O.N.U. non ne esce bene, e chiara traspare l'opinione dell'autore a riguardo – né i media, visti come sciacalli pronti a saltare sulla preda. Interessante è anche la riflessione sulle buone azioni, che, nel contesto devastante e illogico del conflitto, rischiano di diventare controproducenti e pericolose tanto quanto il loro opposto (il coraggio del sergente dei caschi blu, così come gli sporadici atti d'altruismo tra i due soldati). Assolutamente riuscito il mix tra umorismo e tragicità, anche se la parte finale, inevitabilmente più retorica e convenzionale, perde qualche colpo, e una certa piattezza stilistica complessiva impedisce all'opera di spiccare davvero il volo. Incetta di riconoscimenti: dal premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes all'Oscar per il miglior film straniero, passando per il Golden Globe.