I Figli del mare
Kaijū no kodomo
2019
Netflix
Paese
Giappone
Generi
Animazione, Avventura, Fantasy
Durata
110 min.
Formato
Colore
Regista
Ayumu Watanabe
Ruka Azumi è una studentessa delle scuole medie che litiga spesso con la madre. Dopo essere stata esclusa dalla squadra di pallamano, si ritrova senza amici con il quale trascorrere le vacanze estive. A cambiare tutto è l’incontro, nell’acquario dove lavora suo padre, con Umi e Sora, due fratelli “figli del mare” in quanto allevati dai dugonghi e costretti a vivere a stretto contatto con l’acqua.

Maggiormente impegnato nella regia televisiva che in quella cinematografica, Ayumu Watanabe, noto anche con lo pseudonimo di Kakeru Watanabe, torna a dirigere un lungometraggio animato cinque anni dopo il suo precedente lavoro Space Brothers (2014). Potrebbe forse risiedere nella difficoltà ad approdare definitivamente nel mondo del cinema il motivo per cui I figli del mare (2019) sembra concedersi totalmente alla potenza generatrice di suggestioni e significati dell’immagine, anche al costo di sacrificare gli strumenti più classici di sceneggiatura come la costruzione minuziosa dei sentimenti e delle motivazioni dei personaggi. Ad esclusione dell’incipit ed un finale abbozzato, Ruka Azumi risulta  infatti essere il veicolo di una storia che si evolve attraverso una serie di avventure subacquee animate, dirette e montate splendidamente, che hanno lo scopo di far emergere con chiarezza il significato manifesto dell’opera: non vi è alcuna differenza tra tutti gli esseri viventi, in quanto creati dallo stesso universo. L’ostentato disinteresse, in controtendenza con le abitudini dell’animazione nipponica, nei confronti del coming of age rappresenta il limite più evidente. Lo spettatore, in mancanza di una vera protagonista (ridotta quasi ad un MacGuffin), non riesce ad immergersi completamente all’interno del film e, di conseguenza, a stabilire quella connessione tra uomo e universo più volte enfatizzata. 
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