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I migliori film di fantascienza: la nostra Top 10

Fantascienza: genere letterario, estesosi poi al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su ipotesi o intuizioni di carattere più o meno plausibilmente scientifico e si sviluppa in una mescolanza di fantasia e scienza. (Treccani)

Fantascienza, genere estremamente sfruttato dal mezzo cinematografico: un genere che si sviluppa nel Novecento, che ha le sue radici nel romanzo scientifico, basato sull'impatto delle scoperte tecnico-scientifiche sulla società. Alieni, cyborg, mutanti: la settima arte ha sviscerato i temi cardine in mille e più declinazioni, dando vita a veri e propri capolavori destinati a rimanere impressi nella memoria collettiva in modo indelebile.

In occasione dell'uscita di Dune al cinema e del nostro WORKSHOP LIVE STREAMING dedicato alle tappe fondamentali della fantascienza prodotta per il grande schermo, ecco 10 titoli (più un bonus), in rigoroso ordine cronolgico, che hanno segnato l'immaginario fantacinematografico!


Viaggio nella luna (1902)

Il primo capolavoro assoluto della storia del cinema, Viaggio nella luna dimostra tutte le capacità linguistiche, espressive e creative del (nuovo) mezzo. Méliès punta su una narrazione composta da diversi quadri, che scandiscono la vicenda con tempi perfetti.  Alla struttura drammaturgica si aggiunge una serie d'innovazioni visive di straordinaria efficacia, come quella di colorare a mano i fotogrammi così da rendere il prodotto ancor più suggestivo e affascinante. Unendo comicità e fantascienza, il regista-prestigiatore francese ha creato un film di inestimabile valore, divertente e spettacolare, che si pone a metà tra il “cinema delle attrazioni” e quello dell'integrazione narrativa.


Metropolis (1927)

Fulgido esempio dell'immane sforzo produttivo tedesco, magistrale connubio di arti che definisce il concetto stesso di espressionismo, riuscendo a superarlo grazie alla concezione cristallina e geometrica del suo autore Fritz Lang: Metropolis costituisce un'imprescindibile pietra miliare nella storia del cinema. Le magniloquenti e ipnotiche scenografie di Otto Hunte ed Erich Kettelhut, combinate agli effetti di Eugen Schüfftan, pongono le basi della fantascienza moderna, definendo un universo futuristico di sublime maestria visiva, e la tecnica, che ha contribuito a definire il film come il più grande tentativo spettacolare nella storia della settima arte, è affiancata e sostenuta da un'allegoria di temi sociali (la meccanizzazione dell'essere umano; la macchina come mortifera fonte di vita) e religiosi (la cristologia che pervade l'intera pellicola, dalla definizione della donna-santa, contrapposta all'automa demoniaco e serpentino, agli operai quasi crocifissi sul luogo di lavoro, alle croci che emergono simboliche e prepotenti dal contrasto tra luci e ombre).


 2001: Odissea nell spazio (1968)

Quando, nell'aprile del 1968, 2001: Odissea nello spazio fece le sue prime apparizioni sul grande schermo, tutto il cinema precedente (di fantascienza e non solo) sembrava invecchiato improvvisamente. Scandito in quattro parti, il film è un inarrivabile saggio filosofico sui rapporti tra essere umano e tecnologia, sulla violenza come arma di sopravvivenza e sull'evoluzione dell'uomo: evidenti i rimandi a Nietzsche, richiamato esplicitamente dalla riflessione sull'Übermensch (l'“oltreuomo”) e dal poema sinfonico di Richard Strauss, Così parlò Zarathustra (ispirato a un'opera del filosofo tedesco), sulle cui note le astronavi sembrano danzare armoniosamente. Prendendo spunto dal racconto La sentinella (1948) di Arthur C. Clarke, che collaborò alla stesura della sceneggiatura, Stanley Kubrick realizza un memorabile concerto audiovisivo, composto da movimenti di straordinaria geometria, da sequenze sperimentali degne di un trip allucinogeno e scene ipnotiche e sublimi. 


 Solaris (1972)

Quella che è stata lanciata come “la risposta sovietica a 2001: Odissea nello spazio” si è rivelata una delle più importanti pellicole della seconda metà del Novecento, e uno degli apici della carriera di Andrej Tarkovskij. Il regista prende spunto da un romanzo di Stanislaw Lem, adattato per lo schermo insieme a Fridrik Gorenštein, per dare vita a una delle sue opere più ambiziose, magnetiche, ipnotiche. Attraverso una struttura drammaturgica a spirale, che richiama le onde dell'oceano di Solaris, Tarkovskij ci proietta dentro un profondo dibattito morale, che mette a confronto scienza ed etica, filosofia e senso concreto. Tutte categorie rappresentate dai tre scienziati che si muovono in un'astronave ormai trasformata negli abissi del loro inconscio: vittime delle proprie pulsioni, scabrose o affettive che siano, gli uomini sono messi a nudo di fronte a se stessi e a un pianeta che funge da specchio della loro anima. Il risultato finale è un viaggio negli spazi siderali dell'universo che ha come ultima fermata l'essere umano, con le sue ossessioni e le sue paure, con i suoi ricordi del passato e i suoi timori del futuro.


Alien (1979)

Capolavoro che travalica i generi: l'atmosfera fantascientifica vira lentamente ma inesorabilmente verso l'horror, sempre cadenzata da una tensione ansiogena da thriller claustrofobico. Uno spostamento che trova la sua incarnazione nella progressiva importanza che il personaggio di Ripley va ad acquisire con l'evolversi della narrazione, secondo violino che diventa protagonista ed emblema di un nuovo modello di eroina, destinato a far scuola. Ma la forza del film (opera seminale a tutti gli effetti) sta soprattutto nella sapiente scelta di non mostrare mai in primo piano l'alieno, una creatura misteriosa, multiforme e spaventosa, perfetta materializzazione fisica dell'anomalia e dell'ignoto. Capace di scavare all’interno dell’inconscio spettatoriale, alimentando in ognuno i propri fantasmi personali, Alien è anche un film ricco di potenti metafore: il design della creatura è carico di rimandi organici, mentre l’astronave Nostromo (il cui computer di bordo, non a caso, è chiamato “Madre”) funge da grembo materno in cui i personaggi trascorrono una travagliata gestazione, minata da un virus che vuole distruggerli prima che possano (ri)nascere.


 Blade Runner (1982)

Libero adattamento del romanzo Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick, Blade Runner è una delle vette del cinema anni Ottanta, nonché precursore di quel post-moderno che ha nella contaminazione la sua principale peculiarità: dall'ibridazione tra generi (con una messa in scena che combina stilemi narrativi ed estetici della fantascienza e del noir) all'architettura barocca e al contempo futuristica che domina la città; dal crogiolo etnico e culturale della metropoli all'indistinguibilità tra esseri umani e replicanti. La Los Angeles tratteggiata da Scott è una città cupa, bagnata da una pioggia interminabile, caotica e spaventosa, artificiosa e angosciante. La visione pessimistica sul futuro di una società sempre più inumana, violenta e spietata è espressa attraverso le scelte estetiche e scenografiche che danno vita a un immaginario tanto inquietante quanto fascinoso e memorabile.


Terminator (1984)

Folgorante opera seconda di James Cameron che, a soli trent'anni, ha segnato in maniera indelebile l'immaginario cinematografico popolare di un decennio. Opera di culto all'interno della fantascienza di matrice underground, Terminator è un allucinato viaggio notturno dal ritmo forsennato che parte dalla sci-fi per approdare a un apologo nichilista girato con pochi mezzi e tante idee vincenti. Una violenta e cupa riflessione sul futuro prossimo venturo, sul rapporto tra uomo e macchina, sul progresso tecnologico deviato, che mescola inseguimenti all'ultimo respiro, eccessi fumettistici, azione, sangue, tessuti lacerati e acciaio. Invenzioni a non finire all'interno di un apparato estetico visionario e aggressivo, che porta con sé i prodromi di gran parte del body-horror anni '80. Memorabile il T-800 interpretato da Schwarzenegger, che con la sola presenza fisica e una manciata di meccaniche battute è diventato il cyborg più iconico di sempre.


Brazil (1985)

Inizialmente si doveva chiamare 1984 ½ , così da omaggiare in un colpo solo George Orwell e Federico Fellini, due delle tante fonti d'ispirazione di Brazil, per molti il miglior film in assoluto di Terry Gilliam, finalmente libero di volare via dalle ciniche baracconate dei Monty Python e aprirsi a umori più cupi, attraverso un approccio originale e di enorme spessore cinematografico. Se da un punto di vista narrativo e tematico il film non aggiunge molto rispetto ai classici (letterari e cinematografici) del genere, è dal punto di vista della regia e della messa in scena che risulta, ancora oggi, un insuperato capolavoro fanta-grottesco: Gilliam dà libero sfogo al suo genio visivo, frullando Metropolis (1927) di Fritz Lang, psichedelia, luci espressioniste, costruzioni bric à brac, futurismi steampunk e venature acido-kitsch, riuscendo a fondere in chiave postmoderna alto e basso, sacro e profano, tragedia e farsa, sentimento e dramma, come nessuno (o quasi) era mai riuscito prima.


 Matrix (1999)

Ha qui inizio il grande progetto sci-fi dei fratelli Wachowski: un'opera che si muove, con grande lucidità, sul sottile confine tra verità e finzione. A effetti digitali all'avanguardia si accosta una grandiosa atmosfera dark, frutto di scenari fantascientifici tra i più suggestivi degli anni '90. Spesso descritta erroneamente come un'interpretazione new-age della filosofia orientale (anche a causa delle numerose scene di lotta a mezz'aria, divenute di culto), la pellicola in realtà presenta in maniera lucida e semplificata (il che è un pregio) il pensiero del Cartesianesimo, che avanza la teoria della percezione della realtà come fonte di falsità e illusione. I fratelli Wachowski, ispirandosi a romanzi, fumetti e videogiochi, dimostrano di saper unire concettualità profonda (insolita per un prodotto mainstream) a estro visivo altamente spettacolare.


 Avatar (2009)

Dopo una pausa lunga ben dodici anni (fatta eccezione per alcuni documentari), James Cameron torna dietro la macchina da presa per dirigere il suo progetto più ambizioso e dispendioso. Il regista sostiene di aver dovuto aspettare che la tecnologia e gli effetti speciali fossero sufficientemente sofisticati per creare il pianeta Pandora e i suoi affascinanti abitanti. Ma Avatar non è solo un film che si avvale di una grafica eccezionale e di un impiego del 3D essenziale e funzionale al racconto: è anche un film che riflette con grande forza sulla realtà odierna, seppur la vicenda sia ambientata nel futuro. Non solo il titolo della pellicola è un rimando esplicito alle vite parallele che il web permette di condurre attraverso alter-ego virtuali, ma è la “realtà virtuale” stessa a farsi protagonista dell'intera opera. Film bigger than life dall'enorme respiro cinematografico, riesce a toccare corde profondissime e a sorprendere per la suggestiva confezione visiva (notevole anche il lavoro sulla performance capture).


Bonus: WALL•E
(2008)

Tra i più alti risultati raggiunti dal cinema d'animazione del nuovo millennio, WALL•E è un'opera dotata di un impressionante apparato visivo e di grande spessore contenutistico. Particolarmente tagliente, soprattutto per un prodotto d'animazione a stelle e strisce, risulta la critica che Andrew Stanton rivolge a una società immemore del proprio passato e incapace di costruirsi un futuro, trasformata nel corpo e nello spirito dopo anni di sfrenato consumismo. E sono proprio il passato e il futuro a trovare la perfetta rappresentazione in WALL•E e EVE, i due robot protagonisti che, con il loro amore puro e platonico, incarnano tutti quei sentimenti umani apparentemente perduti e seppelliti sotto tonnellate di spazzatura.

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