
13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi
13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi
Durata
144
Formato
Regista
L’11 settembre del 2012 a Bengasi, in Libia, il corpo diplomatico americano fu attaccato da un commando di miliziani: l’ambasciatore e l’impiegato Sean Smith persero la vita. Un secondo attacco a un distaccamento della CIA, poche ore più tardi, vide coinvolto un gruppo di mercenari costretti a un atto di coraggio estremo per salvare quante più vite possibili.
Michael Bay e la storia: un binomio non molto azzeccato, fin dai tempi ingloriosi di Pearl Harbor (2001). Non fa eccezione 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi, che per ben 144 minuti porta avanti una confusione di spari, esplosioni e scene frenetiche senza che il focus sulle motivazioni politiche sia centrato come dovrebbe. Al regista sono sempre interessate più le azioni delle parole, e anche questo titolo si conferma totalmente muscolare: l’apparato visivo è notevole, ma non basta poiché la vicenda alla base è seria, complessa e meritevole di un maggiore approfondimento. Il rischio è di trovarsi frastornati senza aver capito cosa sia successo e la semplificazione raggiunge spesso il livello di guardia: Bay ci impiega poco a fare del gruppo di mercenari un drappello di eroi americani, condendo l’insieme con un bel po’ di retorica lacrimosa (le chiamate a casa degli uomini) e riuscendo a coinvolgere soltanto a tratti. Non aiutano le interpretazioni non propriamente memorabili di un gruppo di attori poco conosciuti (a parte forse John Krasinski, più famoso per la serie The Office che per i suoi titoli da interprete e regista). Bay è un autore che non si smentisce e regala il solito prodotto fracassone e spettacolare: ma con le difficili politiche legate alla questione mediorientale al posto dei robottoni Transformer, il risultato non può nemmeno essere classificato come mero intrattenimento.
Michael Bay e la storia: un binomio non molto azzeccato, fin dai tempi ingloriosi di Pearl Harbor (2001). Non fa eccezione 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi, che per ben 144 minuti porta avanti una confusione di spari, esplosioni e scene frenetiche senza che il focus sulle motivazioni politiche sia centrato come dovrebbe. Al regista sono sempre interessate più le azioni delle parole, e anche questo titolo si conferma totalmente muscolare: l’apparato visivo è notevole, ma non basta poiché la vicenda alla base è seria, complessa e meritevole di un maggiore approfondimento. Il rischio è di trovarsi frastornati senza aver capito cosa sia successo e la semplificazione raggiunge spesso il livello di guardia: Bay ci impiega poco a fare del gruppo di mercenari un drappello di eroi americani, condendo l’insieme con un bel po’ di retorica lacrimosa (le chiamate a casa degli uomini) e riuscendo a coinvolgere soltanto a tratti. Non aiutano le interpretazioni non propriamente memorabili di un gruppo di attori poco conosciuti (a parte forse John Krasinski, più famoso per la serie The Office che per i suoi titoli da interprete e regista). Bay è un autore che non si smentisce e regala il solito prodotto fracassone e spettacolare: ma con le difficili politiche legate alla questione mediorientale al posto dei robottoni Transformer, il risultato non può nemmeno essere classificato come mero intrattenimento.