About Elly
Darbareye Elly
Durata
119
Formato
Regista
Un gruppo di amici trascorre qualche giorno di vacanza in una casa sul mar Caspio: insieme a tre coppie sposate, viaggiano Ahmad (Shahab Hosseini), da poco separato, ed Elly (Taraneh Alidoosti), che Sepideh (Golshifteh Farahani) ha invitato per farla fidanzare con lui. L'improvvisa scomparsa di Elly sciocca tutti, innescando contrasti e facendo emergere verità inaspettate.
Il primo film del regista iraniano Asghar Farhadi ad arrivare in nelle sale italiane è un interessante ritratto della gioventù benestante di Teheran, costruito come un climax di tensione dai toni che confinano con il thriller psicologico. Con evidenti riferimenti a L'avventura (1960) di Michelangelo Antonioni, Farhadi parte dall'elemento scatenante (la scomparsa dell'unico individuo estraneo al gruppo, co-protagonista in absentia per tutta la durata del film) per riflettere sulle contraddizioni dell'Iran contemporaneo: nonostante lo slancio verso la modernità, il microcosmo al centro della vicenda (specchio della società e del Paese) resta ancora prigioniero di retaggi culturali arcaici e soffocanti. Affascinante e sentito, ma troppo altalenante e leggermente derivativo. Notevolissima, in ogni caso, la regia, che si è meritata l'Orso d'argento del 59º Festival di Berlino.
Il primo film del regista iraniano Asghar Farhadi ad arrivare in nelle sale italiane è un interessante ritratto della gioventù benestante di Teheran, costruito come un climax di tensione dai toni che confinano con il thriller psicologico. Con evidenti riferimenti a L'avventura (1960) di Michelangelo Antonioni, Farhadi parte dall'elemento scatenante (la scomparsa dell'unico individuo estraneo al gruppo, co-protagonista in absentia per tutta la durata del film) per riflettere sulle contraddizioni dell'Iran contemporaneo: nonostante lo slancio verso la modernità, il microcosmo al centro della vicenda (specchio della società e del Paese) resta ancora prigioniero di retaggi culturali arcaici e soffocanti. Affascinante e sentito, ma troppo altalenante e leggermente derivativo. Notevolissima, in ogni caso, la regia, che si è meritata l'Orso d'argento del 59º Festival di Berlino.