Hors du temps
Hors du temps
Durata
105
Formato
Regista
Nell’aprile del 2020, due fratelli (Vincent Macaigne e Micha Lescot) passano il lockdown dovuto alla pandemia da COVID-19 nella loro casa d’infanzia insieme alle rispettive compagne. Ogni oggetto dell’abitazione rimanda al loro passato e genera ricordi relativi all’assenza di persone che ormai non ci sono più. Da adulti, i due fratelli hanno scelto percorsi molto diversi, ma ora sono insieme a condividere un’esperienza che potrebbe fargli ritrovare le loro radici comuni.
Bastano pochi minuti per trovarci di fronte una vera e propria dichiarazione da parte del regista Olivier Assayas: quello che stiamo per vedere è direttamente ispirato a come lui ha passato il lockdown, insieme ad alcuni dei suoi cari, e l’ambientazione è proprio la sua casa d’infanzia in cui ha trascorso quei mesi completamente “fuori dal tempo”. Oltre a essere un racconto intimo e personale, che ragiona sul confine sottile tra realtà e finzione, Hors du temps è anche un percorso di autoanalisi fatto dal regista francese su se stesso, in cui va a ragionare sul senso di colpa, sulle sensazioni e su come quei momenti abbiano reso la nostra percezione temporale completamente sfalsata. Non è un caso che l’autore si concentri moltissimo sui ricordi d’infanzia e su quelle radici che lo collegano a un fratello con cui ha un rapporto tutt’altro che semplice. L’operazione è piena di spunti di riflessione, anche se il suo taglio ci mostra una situazione in cui non è semplicissimo empatizzare con i personaggi, come se ci fosse una distanza che non permette di ritrovarci del tutto in ciò che vediamo. Un altro possibile limite è che, paradossalmente, fatta nel 2024 sembra un’operazione già fuori tempo massimo: sarebbe stato più efficace come possibile e utopistico instant-movie, seppur riesca comunque a toccare corde molto profonde grazie a una sceneggiatura scritta benissimo e alla bella prova di tutto il cast. Vincent Macaigne, in particolare, è perfetto come alter ego di un regista che si è messo totalmente a nudo in questo lungometraggio delicato e doloroso allo stesso tempo. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
Bastano pochi minuti per trovarci di fronte una vera e propria dichiarazione da parte del regista Olivier Assayas: quello che stiamo per vedere è direttamente ispirato a come lui ha passato il lockdown, insieme ad alcuni dei suoi cari, e l’ambientazione è proprio la sua casa d’infanzia in cui ha trascorso quei mesi completamente “fuori dal tempo”. Oltre a essere un racconto intimo e personale, che ragiona sul confine sottile tra realtà e finzione, Hors du temps è anche un percorso di autoanalisi fatto dal regista francese su se stesso, in cui va a ragionare sul senso di colpa, sulle sensazioni e su come quei momenti abbiano reso la nostra percezione temporale completamente sfalsata. Non è un caso che l’autore si concentri moltissimo sui ricordi d’infanzia e su quelle radici che lo collegano a un fratello con cui ha un rapporto tutt’altro che semplice. L’operazione è piena di spunti di riflessione, anche se il suo taglio ci mostra una situazione in cui non è semplicissimo empatizzare con i personaggi, come se ci fosse una distanza che non permette di ritrovarci del tutto in ciò che vediamo. Un altro possibile limite è che, paradossalmente, fatta nel 2024 sembra un’operazione già fuori tempo massimo: sarebbe stato più efficace come possibile e utopistico instant-movie, seppur riesca comunque a toccare corde molto profonde grazie a una sceneggiatura scritta benissimo e alla bella prova di tutto il cast. Vincent Macaigne, in particolare, è perfetto come alter ego di un regista che si è messo totalmente a nudo in questo lungometraggio delicato e doloroso allo stesso tempo. Presentato in concorso al Festival di Berlino.