Almanacco d'autunno

Öszi almanach

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119

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Regista



L'anziana Hédi (Hédi Temessy) vive insieme a suo figlio Janós (Janos Derzsi), alla propria infermiera Anna (Erika Bodnár), all'insegnante Tibor (Pál Hetényi) e al musicista Miklós (Miklós B. Székely). Una convivenza che però è viziata da ostilità avvelenate, dovute soprattutto a un'eredità sulla quale tutti vogliono mettere le mani. Ne deriva un'atmosfera carica di pathos morboso e malato.

Secondo film realizzato da Béla Tarr per il Társulás Studió, si tratta di uno snodo decisivo per il percorso espressivo del regista. Il film segna infatti l'abbandono di quel cinema “diretto" e ancorato a una profonda istanza di realismo degli esordi, che rivendicava una vigorosa valenza sociale e si inseriva direttamente nel tessuto suburbano e nel quotidiano dimesso del suo paese natale, l'Ungheria, vessato da un'invasiva ingerenza comunista. Almanacco d'autunno parla, non a caso, di corpi in disfacimento e di sogni impossibili, di stasi e di paralisi del cuore e dell'anima, di violenza improvvisa, di senso del possesso in rapporto al sentimento amoroso, di contrasti madre-figlio accesi e rancorosi. I dialoghi sono ostici e filosofici, pregni di elementi morali, e di grande spessore è la riflessione tarriana sull'immagine e sul colore, che qui è desaturato e utilizzato come elemento di straniamento. L'autore ricorre a plongée e a inquadrature dal basso, a punti di vista privi di centro, a un uso dissonante della musica a fini espressivi, a piani-sequenza fluttuanti tra gli spazi domestici, che assumono una carica tangibile di dolorosa e spietata dolcezza. Le sue immagini sono piene di fortissima e decadente sensibilità, ma la lacerazione drammaticità di tanto in tanto lascia il posto alla rigidità manierista e all'esercizio di stile, specialmente a livello tecnico ed estetico. Ricco di momenti da ricordare, ma anche troppo autocompiaciuto. In ogni caso, è l'anno zero di Tarr, autore che dopo questo film inizierà a radicalizzare il suo stile imboccando una strada senza ritorno dagli esiti monumentali. Presentato al Festival di Locarno.


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