Anatomia di una caduta

Anatomie d'une chute

Premi Principali

Oscar alla miglior sceneggiatura originale 2024

Palma d'oro al Festival di Cannes 2023

Oscar per la miglior sceneggiatura originale 2024

Durata

150

Formato

In una zona remota delle Alpi francesi, Sandra (Sandra Hüller), una scrittrice tedesca, vive in uno chalet di montagna con il marito Samuel (Samuel Theis) e il figlio undicenne Daniel (Milo Machado Graner). Un giorno Samuel viene trovato morto, immerso nella neve davanti a casa sua: gli inquirenti sospettano che possa non trattarsi di suicidio e decidono di indagare, finendo per incriminare la moglie dell’uomo. 

Parte subito fortissimo Anatomia di una caduta, quarto lungometraggio della regista francese Justine Triet, che ci mostra in pochi minuti quali saranno i due snodi fondamentali dell’intera vicenda: il rapporto tra realtà e finzione, esplicitamente evocato, e gli screzi tra marito e moglie. Quest’ultima sta facendo un’intervista con una studentessa, ma il marito dal piano di sopra alza talmente tanto la musica da rendere impossibile la conversazione tra le due. Pochi minuti dopo, la tragedia che darà il via all’indagine. Scritto dalla regista insieme ad Arthur Harari, è un film dal copione solido e avvincente, nonostante l’eccessivamente lunga durata (circa 150 minuti) limiti a tratti il coinvolgimento. Durante il processo, quando la donna viene interrogata sulla sua relazione con il marito, mentre viene a galla il ritratto di un rapporto difficile e tormentato, ci sono però i passaggi più intensi, a partire da un potentissimo flashback che noi spettatori vediamo, mentre in tribunale viene “soltanto” ascoltato tramite una registrazione. Triet costruisce bene i personaggi, dando anche grande attenzione al figlio Daniel, che alcuni anni prima ha subito un incidente che l’ha privato della vista e che ha portato la coppia a una crisi perdurata poi nel tempo. Costretto ad assistere al processo, Daniel vive un profondo conflitto interiore che sarà uno degli snodi principali della vicenda. Alcuni passaggi possono risultare eccessivamente studiati a tavolino, ma il disegno d’insieme risulta sempre credibile e non forzato, nonostante qualche momento un po’ troppo convenzionale. Tra i tanti pregi di un’operazione comunque pienamente riuscita, una menzione speciale va alla straordinaria performance di Sandra Hüller in uno dei ruoli più intensi e significativi della sua carriera. Presentato in concorso al Festival di Cannes dove ha vinto la Palma d'oro, il film ha poi ottenuto anche un prestigiosissimo Oscar per la miglior sceneggiatura originale.
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