Un marinaio dal volto sfigurato, Iguana Oberlus (Everett McGill), dopo aver subito ogni tipo di umiliazione, fugge dalla nave su cui è prigioniero e si stabilisce su un'isola disabitata. Qui instaura una folle e sanguinaria monarchia assoluta, riducendo in schiavitù ogni naufrago che approda sull'isola.



Frutto di una singolare sinergia produttiva internazionale, è un indecifrabile connubio tra l'esotismo piratesco di un film d'avventura e la riflessione esistenziale, profondamente pessimista, caratteristica del cinema di Monte Hellman. Il destino del protagonista del film, un essere anfibio a metà strada tra le creature di terra e quelle di mare, inadatto a vivere tanto sull'una quanto nell'altro, è segnato dal rifiuto. La ribellione di Oberlus nei confronti della società è totale: i concetti di divinità, di legge morale e il valore stesso della vita sono da lui negati alla radice, in nome di un incoercibile desiderio di vendetta. Hellman manipola con mestiere questo soggetto non certo facile, ma il film mostra più di una crepa nella sua ellittica scansione narrativa. La connessione tra le sequenze è spesso aleatoria, i personaggi sono introdotti o cassati in modo troppo brusco, e la dilatazione di alcuni passaggi, nel contesto di un film dal ritmo non certo forsennato, crea qualche scompenso. Bella, in ogni caso, la fotografia di Josep M. Civit, che esalta i contrasti degli splendidi paesaggi costieri di Lanzarote.
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