Gaia (Francesca Cuttica), traduttrice di cinese, viene chiamata per una collaborazione urgente. La ragazza viene prelevata dal misterioso Curti (Ennio Fantastichini) e portata in una stanza buia, dove si trova a tradurre un dialogo sempre più delirante con il signor Wang, il quale parla unicamente cinese. Dopo poco, Gaia scoprirà che il suo interlocutore non è altro che un alieno.

I fratelli Manetti si mettono alla prova con un stravagante quanto improponibile film fantascientifico, che richiama il mondo dei B-movie americani – con effetti speciali volutamente approssimativi – e il cinema di genere italiano, soprattutto nella prima parte (più convenzionale). È marcata la componente ironica nei confronti di una società improntata al razzismo e alla diffidenza a priori, e fa sorridere che le frasi più allineate a questa deprecabile tendenza siano paradossalmente pronunciate da una donna di colore. L'opera rivela però un respiro cortissimo, perfettamente modulato per un cortometraggio. Una pellicola "aliena", in cui la libertà espressiva si perde in un mare di suggestioni soltanto abbozzate.
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