Bertoldo, Bertoldino e... Cacasenno

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121

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Il disgraziato Bertoldo (Ugo Tognazzi) entra nelle grazie del bizzoso re Alboino (Lello Arena), per via delle sue capacità oratorie che gli permettono di rispondere a ogni provocazione. L'idillio, però, sarà messo a dura prova dall'ottusità di Bertoldino (Maurizio Nichetti), figlio del protagonista.

Monicelli decide di ambientare nuovamente un proprio film nel medioevo (ispirandosi ai racconti seicenteschi di Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri), dopo il successo di critica e pubblico ottenuto da L'armata Brancaleone (1966). Una scelta che fin da subito si dimostra poco lungimirante e che, nonostante un cast d'eccezione, è lontana dalle disavventure picaresche del cavaliere interpretato da Gassman. Alla ricerca del risultato sicuro, il film scade spesso nel grottesco senza divertire, come nella scena in cui alcuni personaggi sono costretti a rovistare nelle feci di un asino. Salvo il partenopeo Lello Arena e il romano Alberto Sordi, qui l'idioma di fantasia utilizzato da Tognazzi e Nichetti, deriva dal dialetto milanese. Uno spostamento geografico (rispetto alla lingua pensata per Brancaleone) che non aggiunge nulla a una pellicola che sin dalla prima sequenza sa di già visto. Nemmeno Sordi nei panni di un santone è in grado di fare il miracolo.
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