L'attrice Maïwenn, alle prese con una crisi privata che le ha sottratto entusiasmo e motivazioni, cerca lo spunto decisivo per ripartire girando un documentario sulle attrici di Francia e interrogandosi sul ruolo delle donne nella recitazione, oltre che sulla loro incidenza sull'esito complessivo di un'opera cinematografica.

L'operazione di Maïwenn sulla carta potrebbe vantare più di qualche elemento d'interesse: l'attrice e regista si prefigge infatti l'obiettivo di filmare alcune celebri attrici transalpine guardandole con gli occhi del quotidiano e cercando di ritrovare se stessa e le radici intime della propria professione setacciando la verità nella finzione, guardando le donne dietro i personaggi. Un nucleo di partenza che però la regista sviluppa in maniera disordinata quanto non pedestre, palesando anche in questo caso un compiacimento e una leziosità che non giovano all'onestà e alla compiutezza delle sue istanze cinematografica. L'affresco polifonico, già di suo secondario per priorità, non a caso viene ad assumere ben presto un ruolo ancor più marginale, lasciando spazio alla vita privata della regista, ai suoi affari sentimentali, di cui importa davvero poco, e a una serie di masturbazioni in prima persona che non hanno nulla della grande tradizione metacinematografica francese e si limitano a suscitare un misto di irritazione e tenerezza.
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