Violette (Maïwenn), incinta del suo primo figlio, decide di mettere in piedi un film familiare che possa raccontare al bambino la proprie famiglia nel momento in cui verrà alla luce. Ecco così che tutto viene filmato, senza lasciar posto ad alcuni tipo di censura.

Opera prima della giovane attrice transalpina Maïwenn, Perdonatemi è una tipica operazione di cinema verité con velleità intimiste che si situa più o meno a metà strada tra il ruffiano e l'insopportabile. La messa in scena è esile e arruffata, votata a un vano bisogno di giocare sull'accumulo, con dalla sua poco da dire e ancor meno da affidare alle immagini vitali e coinvolgenti cui si vorrebbe dar consistenza. Anche la coralità del film, che insegue il racconto in presa diretta, estemporaneo e a più voci, è statica e ammuffita. Gli elementi autobiografici (l'infanzia terribile della regista, il cui padre la picchiava) non bastano, come spesso accade in questi casi, a offrire un salvacondotto per la mediocrità disarmante dell'operazione, che fa dell'approssimazione il suo solo leitmotiv e la sua unica mesta costante.
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