Prepotente, sadico, manipolatore: Bobby Kent (Nick Stahl) non è un adolescente come tutti gli altri. Soprattutto, sfoga la sua aggressività sull'amico d'infanzia Martin (Brad Renfro) e sulle ragazze che i due frequentano (Bijou Phillips e Rachel Miner). La situazione si fa così violenta, che i giovani decidono di sbarazzarsi di lui.

Ispirato da un orrendo caso di cronaca nera avvenuto nel 1993 e dal best-seller che ne fu tratto, Bully è un impietoso ritratto della gioventù losangelina superficiale e nullafacente, annoiata e improduttiva, autodistruttiva e imprigionata nei propri cliché. Un'espressione di teenage wasteland potenzialmente interessante, non fosse per il viziaccio del regista che preferisce indugiare sui corpi nudi e impegnati in atti sessuali, a diversi livelli di perversione, dei protagonisti invece di concentrarsi su un'analisi sociale strutturata che vada a ricercare le cause alla radice del disagio esistenziale dei giovani precocemente falliti. Picco di massima viscosità e sgradevolezza è la sequenza nel club dove Renfro è costretto a spogliarsi e ballare in mutande sotto lo sguardo lubrico di un uomo di mezza età che è difficile non identificare con il regista stesso. Per il resto, cast in buona forma, tra cui si fa notare anche un semiesordiente Michael Pitt, e un'atmosfera claustrofobica che rende straniante persino il sole californiano. Una delle opere di Clark più autenticamente underground. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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