
Socialist Realism
El realismo socialista
Durata
78
Formato
Regista
Una versione ironica del processo di Unità Popolare del presidente Salvador Allende, prima del colpo di stato cileno del 1973. Il film è composto da una serie di racconti in cui mondi diversi si incrociano. Da un lato, quello degli operai e dei sottoproletari, capeggiati dalla figura di Lucho; dall’altro quello di un gruppo di intellettuali sostenitori della coalizione Unidad Popular, che si riuniscono in un fronte più rappresentativo della piccola borghesia.
Uno degli ultimi progetti cileni di Raúl Ruiz, interrotto per via del golpe militare di Pinochet e poi recuperato dalla moglie Valeria Sarmiento, montatrice di molti film del marito. La post-produzione ritardata di cinquant’anni non fa perdere coerenza alla pellicola, che anzi si dimostra solida sia a livello tecnico sia per quanto riguarda i contenuti. Si tratta di una serie di sequenze di assemblee politiche, inframmezzate da scene di massa di manifestanti. La portata testimoniale della pellicola, girata in un periodo di straordinaria tensione per il Cile, è enorme, perfino maggiore delle intenzioni del regista che non poteva certo immaginare la drammatica svolta che la storia del suo paese avrebbe preso solo pochissimo tempo dopo l’inizio delle riprese. Per sua stessa struttura, il film si fa molto (troppo?) verboso, ma è un limite forse necessario per un’operazione del genere, che fa dell’iperrealismo dei dialoghi la sua cifra stilistica, per poi sovvertirla attraverso la sperimentazione del montaggio e del satirico finale, vera e propria drammatizzazione della morte dell’ideologia e dell’intellettualismo di sinistra.
Uno degli ultimi progetti cileni di Raúl Ruiz, interrotto per via del golpe militare di Pinochet e poi recuperato dalla moglie Valeria Sarmiento, montatrice di molti film del marito. La post-produzione ritardata di cinquant’anni non fa perdere coerenza alla pellicola, che anzi si dimostra solida sia a livello tecnico sia per quanto riguarda i contenuti. Si tratta di una serie di sequenze di assemblee politiche, inframmezzate da scene di massa di manifestanti. La portata testimoniale della pellicola, girata in un periodo di straordinaria tensione per il Cile, è enorme, perfino maggiore delle intenzioni del regista che non poteva certo immaginare la drammatica svolta che la storia del suo paese avrebbe preso solo pochissimo tempo dopo l’inizio delle riprese. Per sua stessa struttura, il film si fa molto (troppo?) verboso, ma è un limite forse necessario per un’operazione del genere, che fa dell’iperrealismo dei dialoghi la sua cifra stilistica, per poi sovvertirla attraverso la sperimentazione del montaggio e del satirico finale, vera e propria drammatizzazione della morte dell’ideologia e dell’intellettualismo di sinistra.