Colpa delle stelle
The Fault in Our Stars
Durata
126
Formato
Regista
Hazel (Shailene Woodley) è un’adolescente che combatte contro un cancro ai polmoni e, spronata dalla madre (Laura Dern), segue una terapia di gruppo per non cadere in depressione. Durante una seduta conosce Augustus (Ansel Elgort), anche lui malato oncologico, che con la sua vitalità riesce a renderla di nuovo combattiva e a portarla ad Amsterdam per incontrare lo scrittore Peter Van Hauten (William Dafoe).
Adattata dal romanzo di John Green, la pellicola calcola con millimetrica (e quasi sadica) precisione i momenti melodrammatici portatori di lacrime, che arrivano immancabilmente tra retorica e frasi filosofiche spicciole, qui assunte come grandi insegnamenti di vita. Certamente un prodotto che riesce a commuovere (più o meno sinceramente) grazie alla facile empatia che i due attori emergenti riescono a instaurare con gli adolescenti, alla partecipazione della Dern – che, seppur sprecata, aggiunge tenerezza e senso materno al mix di emozioni struggenti – e al contributo di Dafoe, efficace nella rappresentazione del quasi crudele scrittore, la cui posizione cinica colpisce per la sua impietosa razionalità. Il materiale è tanto eppure, il potenziale offerto dai numerosi spunti non trova sviluppo e organicità poiché prevalgono gli aspetti più sentimentali. Insomma, invece di andare al fondo di temi come la genitorialità orbata, la radice della sofferenza, le ragioni della malattia o confrontare l’immediatezza della comunicazione tra i giovani con la violenza della parola e del silenzio negli adulti, ci si perde nella superficialità dell’emozione.
Adattata dal romanzo di John Green, la pellicola calcola con millimetrica (e quasi sadica) precisione i momenti melodrammatici portatori di lacrime, che arrivano immancabilmente tra retorica e frasi filosofiche spicciole, qui assunte come grandi insegnamenti di vita. Certamente un prodotto che riesce a commuovere (più o meno sinceramente) grazie alla facile empatia che i due attori emergenti riescono a instaurare con gli adolescenti, alla partecipazione della Dern – che, seppur sprecata, aggiunge tenerezza e senso materno al mix di emozioni struggenti – e al contributo di Dafoe, efficace nella rappresentazione del quasi crudele scrittore, la cui posizione cinica colpisce per la sua impietosa razionalità. Il materiale è tanto eppure, il potenziale offerto dai numerosi spunti non trova sviluppo e organicità poiché prevalgono gli aspetti più sentimentali. Insomma, invece di andare al fondo di temi come la genitorialità orbata, la radice della sofferenza, le ragioni della malattia o confrontare l’immediatezza della comunicazione tra i giovani con la violenza della parola e del silenzio negli adulti, ci si perde nella superficialità dell’emozione.