
Il curioso caso di Benjamin Button
The Curious Case of Benjamin Button
Dove vederlo
IRIS - dal 19/05 Dalle 21:15
Durata
166
Formato
Regista
Mentre all'esterno imperversa l'uragano Katrina, l'anziana Daisy Fuller (Cate Blanchett) racconta alla figlia Caroline (Julia Ormond) l'incredibile storia di Benjamin Button (Brad Pitt). Nato l'ultimo giorno della Prima guerra mondiale, Benjamin è un neonato con il fisico di un novantenne, ma con il passare degli anni il suo corpo rinvigorisce a vista d'occhio.
Libero adattamento di un racconto breve di Francis Scott Fitzgerald, si tratta di una pellicola imperfetta ma affascinante. Benjamin Button è una sorta di Forrest Gump ante litteram (e non a caso lo sceneggiatore è Eric Roth, lo stesso del film di Robert Zemeckis), un freak che osserva l'umanità con occhi curiosi, in cerca di un proprio posto nel mondo. Il corpo di Benjamin e la sua evoluzione al contrario sono al contempo punto di forza e di debolezza, strumento di consapevolezza e sopravvivenza in un universo pervaso da un costante senso di morte (dalla prima guerra mondiale al disastro dell'uragano Katrina). Ma, nonostante un'impeccabile confezione, il film soffre di una certa freddezza e meccanicità narrativa: punta a emozionare e coinvolgere costantemente lo spettatore ma mostra a più riprese una corda di programmaticità. Un prodotto su commissione che David Fincher gira con inappuntabile professionalità ma che manca di quel quid capace di scaldare i cuori ed elevare un discreto film a opera memorabile. Buone, seppure non straordinarie, le interpretazioni dei due protagonisti e di una Tilda Swinton capace di regalare sprazzi di classe e talento anche in un ruolo marginale. Tredici nomination agli Oscar (tra cui miglior film, regista, attore protagonista e attrice protagonista) ma solo tre statuette, tutte tecniche e comunque meritate (scenografia, trucco e effetti speciali).
Libero adattamento di un racconto breve di Francis Scott Fitzgerald, si tratta di una pellicola imperfetta ma affascinante. Benjamin Button è una sorta di Forrest Gump ante litteram (e non a caso lo sceneggiatore è Eric Roth, lo stesso del film di Robert Zemeckis), un freak che osserva l'umanità con occhi curiosi, in cerca di un proprio posto nel mondo. Il corpo di Benjamin e la sua evoluzione al contrario sono al contempo punto di forza e di debolezza, strumento di consapevolezza e sopravvivenza in un universo pervaso da un costante senso di morte (dalla prima guerra mondiale al disastro dell'uragano Katrina). Ma, nonostante un'impeccabile confezione, il film soffre di una certa freddezza e meccanicità narrativa: punta a emozionare e coinvolgere costantemente lo spettatore ma mostra a più riprese una corda di programmaticità. Un prodotto su commissione che David Fincher gira con inappuntabile professionalità ma che manca di quel quid capace di scaldare i cuori ed elevare un discreto film a opera memorabile. Buone, seppure non straordinarie, le interpretazioni dei due protagonisti e di una Tilda Swinton capace di regalare sprazzi di classe e talento anche in un ruolo marginale. Tredici nomination agli Oscar (tra cui miglior film, regista, attore protagonista e attrice protagonista) ma solo tre statuette, tutte tecniche e comunque meritate (scenografia, trucco e effetti speciali).