Il declino dell'impero americano
Le déclin de l'empire américain
Durata
101
Formato
Regista
Alcuni intellettuali imborghesiti nel Québec degli anni Ottanta, tra cui Rémy (Rémy Girard), si ritrovano a chiacchierare di sesso e di avventure personali nel corso della preparazione di una cena. Le loro compagne (Dominique Michel, Louise Portal, Dorothée Berryman) fanno discorsi simili all'interno di una palestra. Quando i due gruppi si riuniranno, accadrà il finimondo.
È attraverso un piano-sequenza che Denys Arcand ci introduce in un lungo corridoio, nel cuore pulsante di un luogo di transito, simboleggiante un panta rei di elementi post-moderni, liquidi come lo sono i membri di una società sfuggente e ipocrita. Con una messa in scena ad alto tasso di simbolismo, ecco la versione registica di un film pensato più per l'ascolto che per la vista, dove i dialoghi e gli ambienti di chiacchiericcio dominano incontrastati. Quello a cui assistiamo è quasi un simposio, durante il quale, a ritmo di battute serrate, si disquisisce di desideri, eros e tradimenti. Buona l'idea che a parlare di declino della società americana siano proprio persone "attive" in questa decadenza morale e culturale; peccato invece per l'impostazione eccessivamente teatrale che, seppur calzante all'idea di finzione estrema, rischia di saturare la visione, rendendola ostica e poco scorrevole. In ogni caso, una commedia spiazzante e a tratti travolgente, che dimostra le (più che) chiare idee autoriali. Candidato a un Oscar come miglior film straniero e presentato al Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.
È attraverso un piano-sequenza che Denys Arcand ci introduce in un lungo corridoio, nel cuore pulsante di un luogo di transito, simboleggiante un panta rei di elementi post-moderni, liquidi come lo sono i membri di una società sfuggente e ipocrita. Con una messa in scena ad alto tasso di simbolismo, ecco la versione registica di un film pensato più per l'ascolto che per la vista, dove i dialoghi e gli ambienti di chiacchiericcio dominano incontrastati. Quello a cui assistiamo è quasi un simposio, durante il quale, a ritmo di battute serrate, si disquisisce di desideri, eros e tradimenti. Buona l'idea che a parlare di declino della società americana siano proprio persone "attive" in questa decadenza morale e culturale; peccato invece per l'impostazione eccessivamente teatrale che, seppur calzante all'idea di finzione estrema, rischia di saturare la visione, rendendola ostica e poco scorrevole. In ogni caso, una commedia spiazzante e a tratti travolgente, che dimostra le (più che) chiare idee autoriali. Candidato a un Oscar come miglior film straniero e presentato al Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.