Duse, The Greatest

Per celebrare il centesimo anniversario dalla morte della leggenda del teatro italiano Eleonora Duse, Sonia Bergamasco esordisce alla regia con un documentario dedicato al ricordo fantasmatico eppure ancora vibrante che la divina ha saputo imprimere nel pubblico e nelle successive generazioni di attrici.

Quella di Duse è un’immagine sfocata, misteriosa e suggestiva, una gigantografia che troneggia nei corridoi del Teatro Piccolo di Milano – da dove la regista l’ammirava affascinata negli anni della sua formazione artistica – e che sfuma seducente nella memoria delle sue discepole, intervistate da Bergamasco in questo viaggio che si intreccia con una riflessione aperta sul ruolo e il mestiere di attrice.  Definita da Lee Strasberg “la migliore di tutti i tempi”, Eleonora Duse nonostante la fama internazionale si è sempre sottratta alle luci dei riflettori limitando l’esposizione pubblica alle quinte del palcoscenico. Di lei non rimangono che poche fotografie e un unico film muto girato nel 1916 per il cinema, Cenere di Febo Mari, nel quale sembra quasi nascondersi allo sguardo insistente della macchina da presa. In maniera intima e personale Bergamasco ricompone i frammenti di una vita intensa dedita al teatro e di un’artista-enigma completamente mimetizzata nella sua arte, amatissima dal pubblico dell’epoca, in particolare quello femminile. La regista unisce con semplicità un po’ naif la ricostruzione filologica del personaggio a quella intima e personale della donna, instaurando con lei un dialogo postumo e dolcissimo, scrutandone gesti, pose, scelte artistiche nella ricerca ossessiva di una traccia indelebile della personalità di Duse che possa essere colta e custodita una volta per tutte. Il rapporto disinvolto e confidenziale con la macchina da presa, che segue i moti dell’indagine fuori da rigidi canoni di distanza, riproduce un’intimità quasi domestica, inconsueta per un documentario, capace di rendere il mito sempre più vicino.