Game Therapy
Durata
97
Formato
Regista
Francesco (Lorenzo Ostuni) e Giovanni (Federico Clapis) sono due adolescenti milanesi appassionati di videogiochi, ma con grossi problemi a relazionarsi con il mondo reale. Il primo, piccolo genio della programmazione, scova una postazione segreta per poter entrare fisicamente nei suoi videogiochi preferiti, trasferendo la coscienza all'avatar virtuale, e chiede a Giovanni di aiutarlo a completare il gioco. L'avventura metterà a repentaglio la loro vita fuori dallo schermo.
Coproduzione italo-americana tutt'altro che povera – i videogiochi in cui si muovono i protagonista sono ricreati a Los Angeles e in Marocco – che porta sul grande schermo due delle star più cliccate dello “YouTube italiano”. Le velleità produttive e narrative del film sono chiare e ambiziose, ma alla prova dello schermo tutto crolla di fronte a limiti oggettivamente pesanti: la buona ricostruzione visiva dei celebri videogame è affossata da un'azione limitata e poco coinvolgente (forse siamo di fronte a uno degli inseguimenti in auto più poveri d'adrenalina della storia del cinema); la recitazione è generalmente dilettantesca e quella di Clapis oltrepassa il ridicolo; la sceneggiatura è piena di buchi e i personaggi sono piatti, velleitari, privi di spessore; la macchina fantascientifica al centro del film è poco più di un generatore di citazioni a buon mercato. Fallimento totale, che travolge anche l'onesto e potenzialmente interessante obiettivo di raccontare la generazione dei nativi digitali e i problemi che essa incontra lontano dagli schermi. Presentato al Festival di Roma.
Coproduzione italo-americana tutt'altro che povera – i videogiochi in cui si muovono i protagonista sono ricreati a Los Angeles e in Marocco – che porta sul grande schermo due delle star più cliccate dello “YouTube italiano”. Le velleità produttive e narrative del film sono chiare e ambiziose, ma alla prova dello schermo tutto crolla di fronte a limiti oggettivamente pesanti: la buona ricostruzione visiva dei celebri videogame è affossata da un'azione limitata e poco coinvolgente (forse siamo di fronte a uno degli inseguimenti in auto più poveri d'adrenalina della storia del cinema); la recitazione è generalmente dilettantesca e quella di Clapis oltrepassa il ridicolo; la sceneggiatura è piena di buchi e i personaggi sono piatti, velleitari, privi di spessore; la macchina fantascientifica al centro del film è poco più di un generatore di citazioni a buon mercato. Fallimento totale, che travolge anche l'onesto e potenzialmente interessante obiettivo di raccontare la generazione dei nativi digitali e i problemi che essa incontra lontano dagli schermi. Presentato al Festival di Roma.