Sconvolta perché il padre vedovo ha deciso di risposarsi, una studentessa (Kimiko Ikegami) va a stare da sua zia in una vecchissima casa insieme a sei amiche. Le ragazze assistono a strani eventi soprannaturali e capiscono presto che la casa sta cercando di catturarle, ucciderle e divorarle, bloccando le vie di fuga.



Il film più importante e significativo di Nobuhiko Ōbayashi è questo lungometraggio psichedelico, scentrato, coloratissimo e persino un po’ folle. Bizzarra storia di fantasmi perennemente sopra le righe, House è un simbolico racconto di formazione, con al centro una ragazza costretta ad affrontare paure reali (il possibile “abbandono” del padre che la mette da parte per un’altra donna) e sovrannaturali (gli spiriti che albergano nella villa). Mescolando commedia, horror, melodramma e musical, Ōbayashi firma un prodotto ironico e grandguignolesco allo stesso tempo, a tratti ingenuo dal punto di vista narrativo, ma dotato di una vitalità stilistica a dir poco invidiabile. Gli effetti speciali dal sapore pop fanno bene la loro parte e contribuiscono all’affascinante resa visiva complessiva. Imperfetto ma suggestivo, confuso eppur capace di tenere alta l’attenzione sino alla fine. Un piccolo cult, imperdibile per gli amanti del cinema nipponico più eccessivo.
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