Il professore universitario Carsten (Jesper Christensen) decide di abbandonare la famiglia e la carriera per sostenere da vicino l'operato della sua amante (Beate Bille), giovane attivista coinvolta nell'omicidio di un poliziotto.

Chiudendo l'ideale trilogia sulle diverse classi sociali iniziata con La panchina (2000) e proseguita con L'eredità (2003), Per Fly dirige un film (incentrato sulla middle-class) stimolante e capace di dosare al meglio la psicologia dei personaggi. Riuscendo a far empatizzare lo spettatore con il suo protagonista (mettendolo, così, di fronte a bivi morali che riguardano il valore della verità e della fedeltà), il regista dirige in maniera efficace un apologo solido e spietato che massacra tanto i personaggi quanto il pubblico senza mai scendere a compromessi. Fly non sembra interessato a lasciar trapelare il suo punto di vista, ma si concentra sull'ambientazione che incornicia la vicenda e sulle performance degli attori, di alto livello. Peccato che ci sia qualche momento di stanca e non sempre la scrittura sia fluida al punto giusto, ma resta una pellicola da vedere, degna chiusura di una trilogia da non sottovalutare.
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