James Bond (David Niven), ormai prossimo alla pensione, affronta un temibile complotto internazionale, tra improbabili spie, donne sexy e svampite, doppi giochi, tradimenti e cattivi dall'aria innocente.

Prodotto da Charles K. Feldman, il film era stato inizialmente concepito come un progetto per fare concorrenza alla serie ufficiale dei film di James Bond, firmata dalla Eon Production di Harry Saltzman e Albert Broccoli. Sfumata la possibilità di arruolare Sean Connery, la pellicola ha cambiato rotta e ha assunto i tratti di una parodia sgangherata e fracassona delle gesta dell'agente segreto inglese. Compendio ideale dell'immaginario psichedelico degli anni '60, il film è una baraonda eccessiva e straripante, in cui la ricchezza delle gag visive e lo sterminato cast all-star diventano elemento portante di un'operazione che non riesce a divertire come vorrebbe. Straripante di ammiccamenti pop e immagini coloratissime, la pellicola fatica a trovare una propria identità, nonostante il modello sembri essere il più cauto Ciao Pussycat (1965). Cinque registi e dieci sceneggiatori (tra cui Billy Wilder e Ben Hecht non accreditati) non aiutano certo a realizzare un lavoro coeso. Nel suo delirio audiovisivo i momenti spassosi non mancano, ma il rischio di terminare la visione con un senso di nausea è molto forte. Fotografia di Jack Hildyard, colonna sonora di Burt Bacharach.
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